Il Consiglio dei Ministri approva una manovra Economica per il 2025 da 30 miliardi, che prevedono per il 2026 una manovra da 35 mili ardi per concludere il triennio 2027 con una manovra da 40 miliardi. La montagna, il Governo Meloni ha partorito il topolino la manovra approvata dal Consiglio dei Ministri, che entro la fine dell’anno dovrà essere emendata ed approvata dal Parlamento, con alcuni parametri non negoziabili, per esempio dopo l’adozione del nuovo Patto di Stabilità e crescita della riduzione del deficit per quest’anno di almeno 6 miliardi di euro, ma che dovrà aumentare nei successivi anni del triennio, facendo inevitabilmente aumentare il saldo della manovra degli anni successivi.
Non possiamo prevedere riduzione del debito pubblico, perché quello è un parametro che non puoi ridurre con taglio di spesa pubblica o aumento delle tasse ma è legato ad una variabile indipendente, cioè la crescita del Prodotto interno lordo che dovrebbe essere superiore almeno al 2% annuo, in Italia una chimera
La manovra licenziata ieri rinvia al 2026 e soprattutto al 2027 una scelta inderogabile per un Paese indebitato come l’Italia, il rientro del disallineamento della nostra spesa pubblica previsto dal già settennale piano di rientro.
Quest’anno si comincia dei trenta miliardi, a ridurre il 5% della spesa dei Ministeri, si tratta di minori servizi erogati ai cittadini, si taglia sulla scuola pubblica e l’Università Pubblica, anche gli investimenti in sanità 3,5 miliardi che oggi sono una partita di giro vengono elargite da Banche e assicurazioni, ma che nei prossimi anni dovranno essere restituiti.
Un punto drammatico è la riduzione di oltre un miliardo di euro agli Enti Locali, veri motori di aiuto alle persone meno facoltose, gli oltre 8000 Comuni italiani rappresentano un tratto del Welfare italiano, appunto quello municipale.
Ci sono due punti che senza una crescita della produttività e della ricchezza nei prossimi anni faranno esplodere il Debito pubblico, il primo punto è quello di rendere strutturale a tre aliquote il pagamento dell’Irpef, con una aliquota che rientra tra tutti coloro che dovevano fare ricorso al Concordato preventivo che nonostante le più ottimistiche previsioni non ha riscosso grandi successi.
L’altro punto dirimente che genererà negli anni successivi un’aumento della spesa previdenziali mettendo a dura prova le casse dell’Inps, è quello di rendere strutturale la copertura finanziaria di chi nella Pubblica Amministrazione dovrà sostituire il pensionamento di migliaia di persone che hanno maturato il diritto alla pensione, in un Paese l’Italia dove gli occupati nuovi sono poveri nonostante lavorino, perché percepiscono una retribuzione decurtata da una delle Tasse più subdole l’aumento dell’Inflazione non per mancanza di Consumi, ma per crescita e concentrazione dei Profitti.
Come sempre in Italia per fortuna o per sfortuna, ci sono tornate elettorali e quindi chi Governa cerca di lasciare a chi verrà dopo le questioni più spinose, purtroppo prima o poi i nodi vengono al pettine.

Felice Caristo componente cabina di regia Provinciale Italia Viva

Indietro