La notizia ha del sensazionale. Un autore calabrese è candidato al premio Nobel. Si tratta dello scrittore Luigi Pullia, originario di Lamezia Terme. Lo ha proposto la professoressa universitaria Alessandra Schettino al Nobel per la letteratura. La motivazione è questa: “L’autore è riuscito ad affrontare, con stile deciso e mai banale, temi cruciali per il genere umano”. Pullia, dal canto suo non sta nella pelle: «Sono davvero felice ed emozionato per questo riconoscimento e mi preme ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile tutto questo». Psicologo di lungo corso, Pullia è l’autore della silloge “Gocce di pietra”, versi originali che svelano un “aninums poeticus” particolare per la sua spontaneità e per la sua singolarità. «Il volume – afferma Pullia – nasce dopo diversi anni di silenzi in cui, da psicanalista, ho annotato le sensazioni quotidiane che provavo nel lavoro e nella vita quotidiana. E così, dopo diversi anni dalla prima pubblicazione ho deciso di condividere con il lettore pensieri e riflessioni che fanno parte del nostro cammino di vita». Ed allora sono nati profondi spunti poetici che si sono simbioticamente intersecati con i più attuali studi filosofici e psicologici. In una nota si legge che «da critico osservatore e scevro da qualsivoglia influenza o contaminazione esterna, è venuto fuori un progetto poetico originale dove risulta palese l’indagine introspettiva, che ha condotto il poeta, orientata a costruire una sorta di dimensione lirica atipica ma nello stesso tempo potente. Pullia ripropone così l’eterno rapporto fra poesia e psicanalisi. La parte più onirica del suo poetare si articola autorevolmente partendo da una sorta di una nuova “recherche du temps perdu” per poi raggiungere quello che, per tanti, può essere considerato un vero e proprio “mal du vivre”. Le tappe intermedie fra questi due momenti non sono futili ammennicoli ininfluenti ed estemporanei, al contrario rappresentano il tessuto vitale». Per Pullia, «questo è un paradigma molto vicino a quello che è proprio il pensiero di un grande della psicanalisi riguardo alla poesia e alle arti in generale. Sto parlando di Sigmund Freud, il quale riconosceva ai poeti in particolare, e agli artisti in generale, una naturale inclinazione alla conoscenza inconscia della complessità della psiche umana».
Carmela Commodaro

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