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Questa estate, nel dibattito agostano l’argomento che ha caratterizzato l’agenda politica, è quello relativo alla concessione della cittadinanza italiana con criteri diversi. Oggi vige il principio del cosiddetto yus sanguinis ossia è cittadino italiano il figlio nato in Italia, da entrambi i genitori italiani o almeno da padre o madre italiani. L’altro principio è rappresentato dal cosiddetto Yus soli, ossia si acquisisce la cittadinanza italiana, semplicemente perché si è nati a prescindere dalla cittadinanza dei genitori. Nel territorio italiano intendendo come territorio non  quello determinato dai confini fisici, ma da quelli giuridici, quindi anche chi è nato in una nave battente bandiera italiana che naviga su acque internazionali o chi è nato in un consolato o ambasciata italiana in qualsiasi parte del mondo essa si trovi. Infine la proposta di questa estate del Vice Premier Tajani di Forza Italia è quella di introdurre il criterio dello Yus Scholae ossia prevedere prima di concedere la cittadinanza per gli studenti immigrati stranieri, un ciclo di studi completo di almeno dieci anni con relative prove di conoscenza della lingua italiana, della dimostrazione di essere ormai a conoscenza dei nostri valori identitari e costituzionali. In questo caso lo yus scolae rappresenta un yus culturale, perché bisogna completare un ciclo di studi obbligatorio. Intanto al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini il Governatore della Banca d’Italia Panetta, ha sottolineato che la demografia italiana dimostra che in Italia non si fanno figli e che c’è necessità di forza lavoro attiva che riesca a fare aumentare la produttività, ma soprattutto faccia aumentare il pagamento di Contributi previdenziali che coprano il pagamento delle Pensioni di una popolazione tra le più anziane al mondo, quella italiana e che contribuisca anche ad una riduzione del debito pubblico, Questo dibattito surreale sulla cittadinanza, diventa meno empirico quando poi ci si imbatte con la dura legge dei numeri e dell’Economia.

Felice Caristo

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