ROMA (ITALPRESS) – “Il Libano è un laboratorio di convivenza, ma molte forze lavorano per sabotarlo. La missione Unifil è un importante fattore di stabilizzazione. Faremo il possibile per non lasciare solo Libano, La missione può, anzi deve, essere riconsiderata e rimodulata, in ambito e accordo con l’Onu. E va monitorata costantemente la cornice di sicurezza in cui opera. Ma la presenza militare di Unifil mantiene, ancora oggi, un grande valore. Quanto a Gaza, lavoriamo tutti i giorni per alleviare il dramma in atto, dai profughi agli ostaggi, ma alle soluzioni di lungo periodo penseremo quando sarà il tempo”. Così il ministro della Difesa Guido Crosetto in una intervista sul Quotidiano Nazionale sul conflitto tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza che poi prosegue: “Dobbiamo circoscrivere la dimensione del conflitto per non trasformare questa tragedia in una slavina: stiamo assistendo non a un conflitto israelo-palestinese, ma a un conflitto tra Hamas, e chi gli sta dietro, e Israele. Il pericolo che si scateni una nuova ‘Lepantò è dietro l’angolo. Lavoriamo tutti giorni perchè non accada. Il sacrosanto diritto all’autodifesa di Israele deve essere assicurato nel rispetto del diritto internazionale e di quelle regole di umanità, scritte e non, tipici delle democrazie. Ciò detto, la cosa peggiore che possiamo fare è rinunciare alla speranza di una soluzione. Quindi le rispondo di ‘nò: il disegno di due Stati e due popoli non è affatto sepolto. Certo, occorre realismo. Israele sente la ovvia necessità di rimuovere tutte le minacce alla sua sicurezza, ma non può trascurare gesti e atti umanitari: una democrazia ha più responsabilità di un regime”.
Alla domanda se si può eliminare la struttura di Hamas senza causare altre migliaia di morti, Crosetto risponde: “Esistono due piani. Il primo è umanitario: la Comunità internazionale, Italia in testa, lavora per portare generi alimentari e beni di sussistenza alla popolazione civile di Gaza. Sono già partiti dei voli militari dall’Italia e abbiamo tre navi pronte per trasportare civili, feriti gravi, ostaggi. Il secondo è politico: far prevalere la ragionevolezza, dialogando con gli israeliani e la parte di mondo arabo e palestinese che non vuole il conflitto, per favorire un esito di buonsenso che isoli Hamas e non le attiri nuove simpatie. Che la soluzione non può essere soltanto militare è chiaro”.
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