È l’Amore il grande solco che attraversa questo prezioso libro di
Vincenzo Ursini (“Eravamo comunisti”) e ne segna l’essenza e la
purezza; amore intenso, febbrile, deus ex machina che muove i fili e
tesse la trama di queste stupende pagine.
Un amore, quello del poeta, sublimato dalle note magiche della
giovinezza ed attraversato dai chiaroscuri del cuore ma che resta
topos indiscusso su cui depositare le più intime vibrazioni di
un’anima che vuole accasarsi tra i ricordi per svelare se stessa !
Nelle poesie di Vincenzo Ursini l’amore assume forme e sembianze
diverse, sfiora le atmosfere della sua coscienza, affinché ciò che si è
amato diventi memoria, diventi calco di ciò che è l’oggi in bene o in
male. Le sue sono poesie vissute che svelano, pagina dopo pagina,
una profonda anamnesi esistenziale, una dissezione dolorosa della
parte più intima di se stesso, un voler dare le giuste risposte alla
sua anima ribelle, assetata di giustizia e pronta a battersi contro le
aporie di una società iniqua e statica, un’anima disposta a credere,
a difendere e perseguire i propri ideali. Versi forbiti ed espressivi,
intrisi di una interiorità sofferta, accompagnano ed acclarano la
percezione del suo vivere, del suo firmamento emozionale e
riecheggiano le vibrazioni della sua voce che a volte si leva
possente ed indefettibile, a volte dolcissima ed euritmica.
Magistrale ed efficace “l’inclito verso” che esalta e sviscera l’amore
del poeta per la propria terra, una Calabria ancora crocifissa al palo
delle sue endemiche contraddizioni tra il riverbero di una natura
incantata e primitiva che “…è tutta uno schianto di verde…” (Cfr
Mio Sud ) vissuta “… sotto un cielo/che sa di pane e di vino …/ e di
Dio…” ( cfr Andate ) e la maledizione di mani sacrileghe che hanno
reciso, ancora una volta, “…l’ultimo figlio crocifisso/dal colpo di
lupara dentro al petto/ mentre “…volti indifferenti dalle
case/sposate da secoli alla piazza/nulla hanno visto e nulla hanno
sentito”.(cfr Figliuolo )
Versi dolorosi, pregnanti, incisivi, che se pur declinati con
magistrale finezza, pesano come macigni sulle coscienze di tutti.
Ursini in questo libro ci consegna una terra amara, fatta di treni
senza ritorno, di singulti che non hanno lacrime e di ragazzi spenti,
inermi, sui gradini muti di una chiesa…. ma la sua è anche terra di
gente forte, rude e determinata, dal viso assorto e “la fame di
sempre,” dalle mani callose e disossate dalla fatica, perché il Nostro
sa che i calabresi, “sono gente dal carattere temprato come
l’acciaio” (Antonio Gramsci, dai Quaderni del Carcere ). Vivide,
accorate e fervidi le immagini scaturite dai versi in cui emerge la
struggente malinconia di chi è lontano da quel Mar Jonio di “tenero
cristallo” dove “…Fata Morgana specchia la malia” (cfr Ora che
l’incanto è finito ) poesie nelle quali spira un vento caldo intriso
dell’afrore intenso delle zagare e delle ginestre, stigma, radici e
sangue di una terra antica e mai dimenticata.
Un libro avvincente in cui aleggia, con disarmante e rara finezza,
una poetica nuda, sorretta da una interiorità rivelata e da uno stile
personale aduso alla ricercatezza e corroborato da una solida
grammatura intellettuale. Nelle liriche dedicate al padre, affiora,
oltre alla consapevolezza del suo malcelato affetto, una interiorità
sofferente dove l’amore sembra dissolversi tra la bruma delle
inquietudini proprie della giovinezza, in quella contrapposizione
generazionale che poi si trasforma, attraverso la deflegmazione dei
sentimenti, in rimpianto, in rammarico, soppiantato nel tempo, dalla
vividezza pregnante e dolce dei ricordi. Poesie in cui l’amore di
figlio, si dibatte, come nel carme di Catullo, in quei sentimenti
alterni e contrastanti di “Odi et Amo… Nescio, sed fieri sentio et
excrucio” (Carme LXXXV), di cui non si conosce la ragione ma che
lasciano ferite profonde, laceranti, fratture emozionali e catartiche
risanate, alfine, dal rimpianto e dal profondo e ritrovato affetto.
Versi in cui il cuore e la ragione si flettono ai sentimenti e
deflagrano nel profondo lasciando il calco di quell’ethos morale che
ha segnato l’abbrivio di una condotta di vita esemplare che
riverbera nella pienezza di un oggi appagante e sereno.
Un libro in cui il poeta diventa fine cesellatore della parola che
riveste della sua intimità per svelare la sua anima di creatura di
pace e di grande umanità. Un libro toccante, ricco di rara ed
elegante poesia, dai toni garbati e ricercati che acclarano il suo
universo emozionale. Non da meno i testi delle sue canzoni, testi
che diventano poesia melica, specchio di una realtà che purtroppo,
ancora oggi, deve fare i conti con se stessa.
Per Vincenzo Ursini la poesia è un crogiolo di emozioni che scrollano
la polvere dell’abitudine e scivolano sul cuore come il Jakamoz,
ovvero, come il riflesso della luna sull’acqua ! E noi forse, dopo la
lettura, sogneremo ancora di essere comunisti, protagonisti di un
vecchio ed illusorio romanzo popolare.
Francesca Misasi
Dirigente scolastico, Vicenza