Storie e percorsi che si intrecciano, mani tese che diventano l’ancora di salvezza per restare a galla e non affogare nel senso di solitudine, di inadeguatezza, di disperazione che fa perdere l’orientamento, e trasforma uomini e donne in invisibili da dimenticare. Chi decide di varcare la soglia del Centro calabrese di solidarietà di Catanzaro – Ente no profit che dal 20 marzo 1986 opera nel campo del disagio e dell’emarginazione – per combattere contro le dipendenze, per ritrovare se stesso e recuperare gli affetti smarriti, entra a far parte di una grande famiglia che non ti abbandona mai. Nemmeno quando la porta per tornare nel mondo è aperta, e fuori si intravedono le opportunità della rinascita da trasformare in futuro. Al Centro presieduto da Isolina Mantelli, tra i momenti più intensi ed emozionanti, c’è quello che viene denominato “graduazione”: è un evento durante il quale i ragazzi e le ragazze che hanno concluso il percorso terapeutico con esito positivo si presentano alle loro famiglie ed alla società tagliando il traguardo del loro cambiamento e della loro rinascita. La graduazione è la testimonianza, per chi è ancora in percorso, che cambiare è possibile. Quest’anno il Centro calabrese di solidarietà ha voluto far coincidere l’evento con la “Giornata Mondiale Contro le Dipendenze” che risale al 1987, ed è stata voluta dall’assemblea generale delle Nazioni Unite per ricordare l’obiettivo comune a tutti gli Stati membri di creare una comunità internazionale libera dalla droga. L’ultima graduazione risale al 2019, a causa della pandemia da Covid19. Nella sede di Villa Emilia – struttura che opera con lo scopo di assicurare trattamenti residenziali mirati al recupero personale e al reinserimento – le testimonianze dei quattro ragazzi che hanno scelto di raccontare davanti a ospiti, familiari, volontari e operatori del CCS come hanno ricominciato a “correre verso la vita”. Hanno lottato contro la dipendenza da droga, da alcol e da gioco d’azzardo, quello li accomuna è la voglia di recuperare il rapporto con i propri affetti, tornando ad essere uomini che camminano a testa alta nella società, senza temere le fragilità e le debolezze. La “molla” che ha fatto scattare l’ingresso al CCS è il sorriso di una figlia, il calore di una moglie, l’amore per i genitori. Percorsi più o meno lunghi, una media di due anni, qualcuno accidentato da qualche ricaduta ma che si concludono per tutti e quattro con lo stesso intento che diventa esigenza: rimanere nell’orbita di questa comunità che è diventata casa e famiglia, da volontari. Per essere testimonianza vivente che le catene della dipendenza possono essere spezzate. Molte le gradite autorità presenti a partire dall’arcivescovo della diocesi di “Catanzaro-Squillace”, monsignor Claudio Maniago, oltre che: Mimma Di Giovanni e Silvana Gagliardi dell’Uiepe di Catanzaro; la responsabile del SerD di Catanzaro, Giulia Audino; il Magistrato di Sorveglianza Laura Antonini. “Questo è un momento per ritrovarsi, – ha affermato la presidente del Centro calabrese di solidarietà di Catanzaro Isolina Mantelli – ma anche per festeggiare i ragazzi che hanno terminato il programma. Il male produce delle forme di uguaglianza e allo stesso tempo di appiattimento della realtà. Lentamente quando il male viene sostituito dal bene, all’improvviso le persone ritrovano la propria unicità. Celebriamo oggi la loro rinascita. Combattiamo battaglie inenarrabili per continuare a sopravvivere per dare a questi ragazzi il senso della vita. Abbiamo vissuto attimi intensi e ci gratifica il fatto che vogliano collaborare con il centro ora che hanno terminato il loro percorso. Affianchiamo uomini e donne in difficoltà che riescono poi ad essere oblativi nei confronti del mondo. Servirebbe maggiore attenzione dal parte della Regione Calabria alle politiche sociali e alla povertà educativa che spesso è la causa delle dipendenze”. “Qui si lavora sull’umanità, – ha dichiarato l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace Claudio Maniago – mi sento a casa. Questi giovani che hanno concluso il programma hanno buone prospettive, vogliono rimettersi in gioco e questo è molto bello. Sono esempi per tutti. Ci dicono che vale la pena stringere i denti e affrontare le difficoltà, non smarrirsi, ma credere nel proprio potenziale. Avere attenzioni nei confronti degli ultimi, pensando a loro in modo inclusivo, abilita ad aver cura dell’intera comunità. Questo è un punto di partenza per una società equa e solidale”. Al termine delle testimonianze, gli ospiti delle comunità di “Villa Samuele” e di “Villa Emilia” hanno offerto ai partecipanti alla serata uno spettacolo per presentare le loro riflessioni. I ragazzi di “Villa Samuele” hanno presentato la lettura di una favola dal contenuto e dal titolo particolarmente significativo: “Il Mondo Ti Aspetta”. Più che una storia, è stato un insieme di frasi per esortare ad avere fiducia nelle proprie capacità, ad essere se stessi, a non avere paura di fallire e, soprattutto, a prendere coscienza del proprio valore, per incoraggiare ad andare avanti, sempre e comunque, perché ogni vita merita di essere vissuta tutta nella sua pienezza. I ragazzi di “Villa Emilia”, invece, hanno presentato un racconto da loro composto, dal titolo: “La relazione che cura”, partendo dalle loro riflessioni su ciò che significa la relazione che cura. I ragazzi hanno sottolineato che la comunità è un luogo di riflessione dove si impara a conoscere se stessi e il proprio vissuto, dove si vive insieme, si rispettano i bisogni di ciascuno e ci si aiuta l’uno con l’altro. La serata, dopo il buffet offerto dagli ospiti della struttura, si è conclusa con il concerto live Rock&blues di Paul Costyn&Peppe Sanzi e Le Hibou.