Giocare a pallone tenendo in braccio il proprio bambino. Tirare in porta ridendo come si fa nel cortile di casa. Queste scene di tenerezza familiare oggi pomeriggio si sono svolte nel campo di calcio del carcere di Catanzaro: va in scena  “la partita con papà”, consueta manifestazione organizzata da anni ormai in varie carceri d’Italia dall’associazione Bambini senza sbarre onlus e dall’Amministrazione penitenziaria. Il direttore della Casa Circondariale Angela Paravati ha spiegato il significato dell’iniziativa: “I due anni di emergenza epidemiologica da Covid 19 hanno limitato moltissimo, per motivi di cautela sanitaria, i colloqui visivi con i familiari: questa partita, che ha visto la partecipazione di ben sessanta bambini, che oggi hanno potuto trascorrere un pomeriggio “normale” con i loro papà, è stata un ritorno alla normalità, agli abbracci”. E ancora: “Essere genitori è uno stimolo importante nel percorso tratta mentale, rieducativo: si ha un motivo importante per migliorarsi, si compie “per qualcun altro” un percorso di crescita. L’affetto delle famiglie è fondamentale per le persone che stanno scontando una pena detentiva. Sapere che qualcuno li aspetta fuori, che qualcuno vuol loro bene, diventa un motivo forte per andare avanti su una strada migliore”. Carmela Rosato, referente dell’Associazione Bambini senza sbarre onlus si è resa portavoce del messaggio dell’associazione: “I bambini sono tutti uguali, anche i 100mila figli di genitori detenuti. Dal 1° giugno 2022 negli istituti penitenziari italiani si disputa la Partita con papà, tra i papà detenuti e i loro figli, all’interno dell’annuale campagna “Carceri aperte, dopo due anni di sospensione per la pandemia”. Essere detenuti e continuare ad essere genitori è difficile, ma possibile. L’associazione Bambini senza sbarre onlus da anni si occupa di tutelare il legame affettivo tra i bambini e i genitori ristretti attraverso varie iniziative. A Catanzaro oggi pomeriggio sul campo erano presenti anche il comandante facente funzione sostituto commissario Giacinto Longo, il funzionario giuridico pedagogico Giusy Froio, il coordinatore di reparto Tommaso Proganò. Non è mancato un rinfresco a bordo campo, con le bibite offerte dal cappellano don Giorgio Pilò e i dolci preparati nel laboratorio di pasticceria interno al carcere, uno dei tanti percorsi tratta mentali in corso, a testimonianza del fatto che in carcere si può imparare a fare qualcosa di “buono”, di utile per il reinserimento sociale, per giocare meglio “un secondo tempo”.                  

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