di Gaspare Baggieri

Le imprevedibilità di questa guerra impongono riflessioni che vanno al di là della immaginazioni più impensate, alle scontate deduzioni, alle speranze più ricercate, agli intimismi più estremi, cercare di comprendere, assolvere, giudicare, sanzionare perde ogni senso se si vuole proteggere la propria vita, dare un significato alla propria esistenza, se si ama.
E’ in gioco una supremazia assetata di orgoglio, che trova un riscatto personale da parte dell’autocrate russo, in nome della storia e della compattezza del sua gente, umiliando il popolo ucraino odiato per aver abbracciato la causa delle democrazie occidentali. Odiato per aver scelto Zelenscki un giovane attore assorto alla Presidenza di una paese geneticamente combinato col DNA russo e che doveva molto all’orbita sovietica. Una Presidenza acquisita nel giro di una temporalità di finzione filmografica che ha conquistato (o forse ipnotizzato?), il popolo ucraino. Quando l’immaginazione, o l’abbaglio supera la realtà, un vero caso di “fantasia al potere”. Un affronto non sopportabile. Vladimir Putin una storia alle spalle vissuta come funzionario del KGB, come membro del partito comunista, vicesindaco di San Pietroburgo, primo Ministro con Eltsin, un percorso ben delineato preciso, una scalata al potere costruita seguendo una ben determinata scuola politica. Una carriera che si completa con la Presidenza, restituendo alla nuova Russia il rispetto e l’autorità della grande potenza mondiale, che Eltsin aveva incrinato e scalfito. Sul tappeto sono in gioco aspetti di un passato di valori e di storie che per la Russia e l’Europa, in particolare l’Italia, avevano rafforzato più che sufficienti garanzie nelle relazioni economiche e commerciali. Abbiamo espulso alcuni diplomatici dell’intelligence russa giustificando l’atto come figure poco gradite e preoccupati del ruolo di spie, e ieri cosa erano?. Anziché infittire i contatti, e incrementare il dialogo rispondiamo con l’allontanamento. L’Italia ha avuto “complicità” culturali e politiche molto profonde con la Russia, da Pietro il Grande sino alla non ultima dedicazione di una grande città russa come Togliatti nell’Oblast, in onore dopo la sua morte a Palmiro Togliatti nel 1964. La città nel 1996 fu oggetto di un referundum per reintrodurre la vecchia denominazione Stavropol, l’ottanta per cento della popolazione confermò il nome del grande segretario del partito comunista italiano.
Lo stato delle cose ha preso una piega davvero di compromissione ad un possibile coinvolgimento allo scontro diretto con la Russia. Putin il freddo calcolatore, inspiegabilmente sottovalutato dai governanti europei, sta tenendo in scacco l’intera Europa, aspetto questo che evidenza con chiarezza, la debolezza dell’Unione Europea. Al di là delle ragioni che anche se non condivise dagli ucraini, neutralità cessione dei territori del Donbass della Crimea, la non adesione alla Nato, appare spiazzante la condotta dell’autocrate in questa guerra. Quale utilità può avere il controllo di un assetto geopolitico in quell’area, la Russia affaccia estesamente sul Mar Nero, quindi strategicamente coperta, è conveniente semmai mantenere buoni rapporti con la Turchia, visto che lo sbocco al mediterraneo lo consentono gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Rimane tuttavia, insistente continua orribile la sua guerra che oltre alla morte dei civili produce soprattutto azzeramento di villaggi, distruzione di edifici, di infrastrutture ecc. Quasi a voler rimarcare aspetti di un bottino fatto più da una severa lezione ad un popolo pacifico orgoglioso di se stesso, come si diceva umiliandolo, ma anche un severo avvertimento all’Occidente mostrando le proprie intenzioni per impedire l’avanzamento della NATO, e forse anche intimidire estendendo l’ingerenza in altre nazioni confinanti. Incutendo angoscia all’Europa con un velato ricatto di una chiusura della fornitura di gas. Se ne fa una questione di valori identitari? Ebbene si, i valori propinati dall’autocrate Zar reggono la filosofia della sua guerra, sarebbe altrimenti inspiegabile la ferocia dei combattimenti. Come non immaginare che non abbia fatto i suoi calcoli? La rinunzia ai beni sanzionati dall’Europa; al congelamento delle proprietà immobiliari; delle navi-Yacht e altre ricchezze per svariati miliardi; alle sanzioni commerciali da e per l’Europa che poco o a nulla servono, se non a danneggiare soprattutto noi. Cosa vuoi che facciano le sanzioni di un Made in Italy riconducibile ai bisogni secondari? Intanto i combustibili ci condannano e le merci salgono di prezzo (ma perché sottomessi all’euro non abbiamo applicato la doppia moneta e difeso la lira?). Nel 2000 i poveri in Italia erano circa tre milioni, oggi sono meno di sei milioni (nonostante il reddito di cittadinanza), e chissà quanti altri imprenditori che si stavano riavviando dopo il Covid, finiranno sul lastrico a causa di questa guerra. Non sembra certo un bel risultato per la così tanto decantata democrazia europea.
E perché non pensare all’Ucraina come ad una discarica? In fondo i russi stanno impiegando armi, carri armati, bombe, missili di prima generazione ormai obsoleti, appropriati per una guerra di questo tipo, che a rifletterci bene, se non interverranno scontri con altre nazioni, si concluderà in modo ingegnoso e conveniente, con lo smaltimento dell’ultimo carro armato, dell’ultimo mortaio delle ultime bombe. Intanto c’è chi pontifica, sentenzia, condanna al di là dell’oceano, sostenendo la guerra alimentando l’Ucraina e coinvolgendo l’Europa in nome di un’alleanza Atlantica per fornire armi e far proseguire una guerra che in versione Occidentale, prevede a guerra finita, una imponente ricostruzione. E allora cosa può farsene Putin di un paese sfasciato, se non ricostruirlo almeno in parte, in una concordia d’intese? Del resto un’intesa ci sarà, è nel gioco delle parti, non potrebbe esserci altra via d’uscita, le armi nucleari per paradosso sono il giusto deterrente per raggiungere la pace. L’autocrate potrà, recuperare le proprietà, gli yacht e le ricchezze sparse per l’Europa, continuare a vendere il gas e con i fondi incassati ammodernare il suo armamento militare.
Anche Zelenski ne fa una questione di valori qualificando la dignità del suo popolo con l’indipendenza, la libertà non sottomessa, il patriottismo, la difesa della propria terra, il nazionalismo, ingresso nella UE, l’adesione alla NATO, e se tutto questo viene impedito allora che sia guerra all’invasore sino all’ultima goccia di sangue. E che dire del luogo comune che riduce la similitudine di Zelenski a Ronald Reagan? Anch’egli attore poi Presidente della più grande potenza al mondo, un confronto privo delle corrette analisi biografiche che produce a sua volta, nei talk show una spendibile dietrologia che poco ha del bizantinismo di raffinata dialettica. Infatti pochi rammentano che Reagan, possedeva alle spalle una lunga gavetta politica, presidente del sindacato degli attori, che al tempo nel mondo del cinema americano esprimeva un riferimento politico, che certo non le mandava a dire a Washington, due volte poi governatore della California, insomma dotato di un autentico pedigree politico. E’ sorprendente che nel 2022 in piena globalizzazione, non si colga la grande rivoluzione che l’umanità sta vivendo in termini epocali. In possesso di una tecnologia comunicativa che consente al mondo intero, di far esprimere e conoscere in una frazione di secondo, a ciascun individuo l’inimmaginabile propria libertà di pensiero di azione e creatività. Una rapidità che annulla tutte le filosofie di emancipazione che la storia ci ha sempre rappresentato e che ancora oggi persegue in nome non si capisce di quali invocati ideali, non dovremmo essere cittadini cosmopoliti ? Libertà a volte che sono stridenti e che turbano in alcuni casi le coscienze, come nel caso della maternità surrogata che in Ucraina è consentita.
Dopo il fallimento di tutti i mediatori, prima dell’irreparabile, qualcosa ancora si può fare, l’Italia può esercitare su un registro, storico psicologico e interlocutorio di lungimiranza, limiti e concessioni. Ripristinare le relazioni culturali con gli intellettuali, artisti e uomini di scienza, persuadere l’Europa a revocare le sanzioni, sostenere l’Ucraina e soprattutto convincere Zelenski che il terreno dello scontro delle armi porta solo a morte e, la vittoria anche se morale, è acquisita.
Zelenski ha conseguito la vittoria, attraverso la sfida della comunicazione, la sola credibile che in un mondo globalizzato fa dell’economia, del commercio e della finanza, l’assoluta competizione internazionale.
E allora perché l’Italia portatrice d’arte che esprime bellezza e che della lingua di Dante vanta il dialogo delle parole <>, non impone la sua autorevolezza e invita ad un incontro Putin , Biden ed Erdogan, magari nella città del sommo poeta? E perché non pensare al Papa che possa promuovere e accogliere a Roma un incontro tanto auspicato nella sua casa? Significativo potrebbe essere l’abbraccio simbolico di fratellanza del colonnato che il Bernini ha realizzato alla basilica di Pietro, nome che portava guarda caso anche il “Grande” zar russo.
Occorre affrettarsi per evitare ancora morte e orrori, l’Italia deve proporre, almeno provarci. Il mondo ha visto e compreso, l’Europa ha constatato la propria fragilità e il proprio limite.
Una piccola curiosità anche se frivola, Marcello Mastroianni e stato premiato quale migliore attore a Cannes nel 1987 e sfiorato l’Oscar l’anno dopo per il film OCI CIORNIE tratto dal racconto “storie di matrimoni” di Anton Cechov, scrittore nato a Taganrog (ex-Ucraina) e realizzato da Nikita Michalkov, regista cinematografico nato a Mosca (Russia), così tanto per segnalare l’afflato russo-ucraino con l’Italia.

(*) già antropologo del MIC, attualmente è direttore del Museo nazionale di Storia dell’arte sanitaria; ha collaborato con alcuni dei maggiori musei internazionali (Ermitage, MET, Uffizi, ecc.)

Le imprevedibilità di questa guerra impongono riflessioni che vanno al di là della immaginazioni più impensate, alle scontate deduzioni, alle speranze più ricercate, agli intimismi più estremi, cercare di comprendere, assolvere, giudicare, sanzionare perde ogni senso se si vuole proteggere la propria vita, dare un significato alla propria esistenza, se si ama.
E’ in gioco una supremazia assetata di orgoglio, che trova un riscatto personale da parte dell’autocrate russo, in nome della storia e della compattezza del sua gente, umiliando il popolo ucraino odiato per aver abbracciato la causa delle democrazie occidentali. Odiato per aver scelto Zelenscki un giovane attore assorto alla Presidenza di una paese geneticamente combinato col DNA russo e che doveva molto all’orbita sovietica. Una Presidenza acquisita nel giro di una temporalità di finzione filmografica che ha conquistato (o forse ipnotizzato?), il popolo ucraino. Quando l’immaginazione, o l’abbaglio supera la realtà, un vero caso di “fantasia al potere”. Un affronto non sopportabile. Vladimir Putin una storia alle spalle vissuta come funzionario del KGB, come membro del partito comunista, vicesindaco di San Pietroburgo, primo Ministro con Eltsin, un percorso ben delineato preciso, una scalata al potere costruita seguendo una ben determinata scuola politica. Una carriera che si completa con la Presidenza, restituendo alla nuova Russia il rispetto e l’autorità della grande potenza mondiale, che Eltsin aveva incrinato e scalfito. Sul tappeto sono in gioco aspetti di un passato di valori e di storie che per la Russia e l’Europa, in particolare l’Italia, avevano rafforzato più che sufficienti garanzie nelle relazioni economiche e commerciali. Abbiamo espulso alcuni diplomatici dell’intelligence russa giustificando l’atto come figure poco gradite e preoccupati del ruolo di spie, e ieri cosa erano?. Anziché infittire i contatti, e incrementare il dialogo rispondiamo con l’allontanamento. L’Italia ha avuto “complicità” culturali e politiche molto profonde con la Russia, da Pietro il Grande sino alla non ultima dedicazione di una grande città russa come Togliatti nell’Oblast, in onore dopo la sua morte a Palmiro Togliatti nel 1964. La città nel 1996 fu oggetto di un referundum per reintrodurre la vecchia denominazione Stavropol, l’ottanta per cento della popolazione confermò il nome del grande segretario del partito comunista italiano.
Lo stato delle cose ha preso una piega davvero di compromissione ad un possibile coinvolgimento allo scontro diretto con la Russia. Putin il freddo calcolatore, inspiegabilmente sottovalutato dai governanti europei, sta tenendo in scacco l’intera Europa, aspetto questo che evidenza con chiarezza, la debolezza dell’Unione Europea. Al di là delle ragioni che anche se non condivise dagli ucraini, neutralità cessione dei territori del Donbass della Crimea, la non adesione alla Nato, appare spiazzante la condotta dell’autocrate in questa guerra. Quale utilità può avere il controllo di un assetto geopolitico in quell’area, la Russia affaccia estesamente sul Mar Nero, quindi strategicamente coperta, è conveniente semmai mantenere buoni rapporti con la Turchia, visto che lo sbocco al mediterraneo lo consentono gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Rimane tuttavia, insistente continua orribile la sua guerra che oltre alla morte dei civili produce soprattutto azzeramento di villaggi, distruzione di edifici, di infrastrutture ecc. Quasi a voler rimarcare aspetti di un bottino fatto più da una severa lezione ad un popolo pacifico orgoglioso di se stesso, come si diceva umiliandolo, ma anche un severo avvertimento all’Occidente mostrando le proprie intenzioni per impedire l’avanzamento della NATO, e forse anche intimidire estendendo l’ingerenza in altre nazioni confinanti. Incutendo angoscia all’Europa con un velato ricatto di una chiusura della fornitura di gas. Se ne fa una questione di valori identitari? Ebbene si, i valori propinati dall’autocrate Zar reggono la filosofia della sua guerra, sarebbe altrimenti inspiegabile la ferocia dei combattimenti. Come non immaginare che non abbia fatto i suoi calcoli? La rinunzia ai beni sanzionati dall’Europa; al congelamento delle proprietà immobiliari; delle navi-Yacht e altre ricchezze per svariati miliardi; alle sanzioni commerciali da e per l’Europa che poco o a nulla servono, se non a danneggiare soprattutto noi. Cosa vuoi che facciano le sanzioni di un Made in Italy riconducibile ai bisogni secondari? Intanto i combustibili ci condannano e le merci salgono di prezzo (ma perché sottomessi all’euro non abbiamo applicato la doppia moneta e difeso la lira?). Nel 2000 i poveri in Italia erano circa tre milioni, oggi sono meno di sei milioni (nonostante il reddito di cittadinanza), e chissà quanti altri imprenditori che si stavano riavviando dopo il Covid, finiranno sul lastrico a causa di questa guerra. Non sembra certo un bel risultato per la così tanto decantata democrazia europea.
E perché non pensare all’Ucraina come ad una discarica? In fondo i russi stanno impiegando armi, carri armati, bombe, missili di prima generazione ormai obsoleti, appropriati per una guerra di questo tipo, che a rifletterci bene, se non interverranno scontri con altre nazioni, si concluderà in modo ingegnoso e conveniente, con lo smaltimento dell’ultimo carro armato, dell’ultimo mortaio delle ultime bombe. Intanto c’è chi pontifica, sentenzia, condanna al di là dell’oceano, sostenendo la guerra alimentando l’Ucraina e coinvolgendo l’Europa in nome di un’alleanza Atlantica per fornire armi e far proseguire una guerra che in versione Occidentale, prevede a guerra finita, una imponente ricostruzione. E allora cosa può farsene Putin di un paese sfasciato, se non ricostruirlo almeno in parte, in una concordia d’intese? Del resto un’intesa ci sarà, è nel gioco delle parti, non potrebbe esserci altra via d’uscita, le armi nucleari per paradosso sono il giusto deterrente per raggiungere la pace. L’autocrate potrà, recuperare le proprietà, gli yacht e le ricchezze sparse per l’Europa, continuare a vendere il gas e con i fondi incassati ammodernare il suo armamento militare.
Anche Zelenski ne fa una questione di valori qualificando la dignità del suo popolo con l’indipendenza, la libertà non sottomessa, il patriottismo, la difesa della propria terra, il nazionalismo, ingresso nella UE, l’adesione alla NATO, e se tutto questo viene impedito allora che sia guerra all’invasore sino all’ultima goccia di sangue. E che dire del luogo comune che riduce la similitudine di Zelenski a Ronald Reagan? Anch’egli attore poi Presidente della più grande potenza al mondo, un confronto privo delle corrette analisi biografiche che produce a sua volta, nei talk show una spendibile dietrologia che poco ha del bizantinismo di raffinata dialettica. Infatti pochi rammentano che Reagan, possedeva alle spalle una lunga gavetta politica, presidente del sindacato degli attori, che al tempo nel mondo del cinema americano esprimeva un riferimento politico, che certo non le mandava a dire a Washington, due volte poi governatore della California, insomma dotato di un autentico pedigree politico. E’ sorprendente che nel 2022 in piena globalizzazione, non si colga la grande rivoluzione che l’umanità sta vivendo in termini epocali. In possesso di una tecnologia comunicativa che consente al mondo intero, di far esprimere e conoscere in una frazione di secondo, a ciascun individuo l’inimmaginabile propria libertà di pensiero di azione e creatività. Una rapidità che annulla tutte le filosofie di emancipazione che la storia ci ha sempre rappresentato e che ancora oggi persegue in nome non si capisce di quali invocati ideali, non dovremmo essere cittadini cosmopoliti ? Libertà a volte che sono stridenti e che turbano in alcuni casi le coscienze, come nel caso della maternità surrogata che in Ucraina è consentita.
Dopo il fallimento di tutti i mediatori, prima dell’irreparabile, qualcosa ancora si può fare, l’Italia può esercitare su un registro, storico psicologico e interlocutorio di lungimiranza, limiti e concessioni. Ripristinare le relazioni culturali con gli intellettuali, artisti e uomini di scienza, persuadere l’Europa a revocare le sanzioni, sostenere l’Ucraina e soprattutto convincere Zelenski che il terreno dello scontro delle armi porta solo a morte e, la vittoria anche se morale, è acquisita.
Zelenski ha conseguito la vittoria, attraverso la sfida della comunicazione, la sola credibile che in un mondo globalizzato fa dell’economia, del commercio e della finanza, l’assoluta competizione internazionale.
E allora perché l’Italia portatrice d’arte che esprime bellezza e che della lingua di Dante vanta il dialogo delle parole <>, non impone la sua autorevolezza e invita ad un incontro Putin , Biden ed Erdogan, magari nella città del sommo poeta? E perché non pensare al Papa che possa promuovere e accogliere a Roma un incontro tanto auspicato nella sua casa? Significativo potrebbe essere l’abbraccio simbolico di fratellanza del colonnato che il Bernini ha realizzato alla basilica di Pietro, nome che portava guarda caso anche il “Grande” zar russo.
Occorre affrettarsi per evitare ancora morte e orrori, l’Italia deve proporre, almeno provarci. Il mondo ha visto e compreso, l’Europa ha constatato la propria fragilità e il proprio limite.
Una piccola curiosità anche se frivola, Marcello Mastroianni e stato premiato quale migliore attore a Cannes nel 1987 e sfiorato l’Oscar l’anno dopo per il film OCI CIORNIE tratto dal racconto “storie di matrimoni” di Anton Cechov, scrittore nato a Taganrog (ex-Ucraina) e realizzato da Nikita Michalkov, regista cinematografico nato a Mosca (Russia), così tanto per segnalare l’afflato russo-ucraino con l’Italia.

(*) già antropologo del MIC, attualmente è direttore del Museo nazionale di Storia dell’arte sanitaria; ha collaborato con alcuni dei maggiori musei internazionali (Ermitage, MET, Uffizi, ecc.)

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