CATANZARO – Sono 17 mila le imprese calabresi nelle prime linee della guerra dei prezzi e dei mercati sconvolti dal conflitto in Ucraina, un quinto (21,0%) degli occupati del sistema produttivo calabrese, con 57 mila addetti, la quasi totalità con meno di 50 addetti (99,6%), più di quattro quinti (84,2%) occupati in micro e piccole imprese (MPI). Tra i settori più colpiti quelli esposti al caro carburanti, all’export verso Russia e Ucraina e i territori più esposti al turismo russo. E’ quanto emerge dall’Osservatorio MPI di Confartigianato Imprese Calabria nel report relativo allo scoppio della guerra in Ucraina che ha colto le imprese italiane in una delicata fase di transizione post-pandemia, amplificando a dismisura gli effetti, già gravi, della crisi energetica e le strozzature di offerta delle filiere globali. Il conflitto sta agendo da moltiplicatore su prezzi delle materie prime e dell’energia che già nel 2021 erano saliti in modo impressionante. La sospensione delle importazioni provenienti dal teatro di guerra sta spingendo in alto i prezzi di diverse commodities, allungando i tempi di consegna. Dall’area interessata dal conflitto importiamo quote rilevanti degli acquisti dall’estero di ferro, ghisa e acciaio, di ghiaia, sabbia e argille, di cereali e fertilizzanti. Con la guerra scoppia l’’iperinflazione’ energetica. A febbraio il prezzo del gas era più che quadruplicato nell’ultimo anno, con l’invasione dell’Ucraina è ulteriormente raddoppiato. L’alto utilizzo del gas per generare elettricità porta a marzo 2022 il prezzo della borsa elettrica oltre cinque volte il livello di un anno prima. Il prezzo del barile di petrolio Brent a marzo (media all’11/3) è dell’83,6% superiore rispetto ad un anno prima, con forti ripercussioni sul costo dei trasporti. Secondo l’elaborazione di QE-Quotidiano energia su dati dell’Osservaprezzi del Mise, tra il 23 febbraio e il 14 marzo 2022 il prezzo del gasolio (self service) è salito del 25,7%: in soli 22 giorni si concentra la metà dell’aumento del prezzo del gasolio (+51,7%) dell’ultimo anno. A livello provinciale si osserva un maggior coinvolgimento del sistema produttivo nei settori maggiormente sotto stress a causa del conflitto in corso a Vibo Valentia con il 24,4% di occupati coinvolti nelle imprese in prima linea e Crotone con il 23,8%. Nel dettaglio si collocano nella trincea avanzata i settori con una maggiore intensità energetica: dalla metallurgia alla petrolchimica, dalla carta al vetro, dalla ceramica ai trasporti. Nei comparti manifatturieri energy intensive sono sempre più numerosi i casi in cui il divario tra costi e ricavi diventa insostenibile, costringendo al fermo dell’attività: a due anni dal lockdown sanitario siamo arrivati al rischio di lockdown energetico per 832 MPI con 2.892 addetti. Il caro-carburanti colpisce il trasporto merci e persone, già colpiti pesantemente con la pandemia, comprimendo i margini per 2.385 MPI con 9.436 addetti. Le carenze di materie prime provenienti da Russia e Ucraina, associate a costi crescenti delle forniture, coinvolgono le imprese nei settori dell’alimentare, dei metalli e delle costruzioni, un perimetro in cui operano 14.394 MPI, con 35.666 addetti. “La situazione è critica per il settore del trasporto merci su strada, che era in deflazione nel terzo trimestre del 2021 (prezzi in discesa dell’1,2%) e, secondo i dati pubblicati giovedì scorso dall’Istat, registra un aumento dei prezzi alla produzione che si ferma all’1,2% – riporta la nota di Confartigianato Imprese Calabria -. Le violente sollecitazioni dei costi delle commodities indotte dagli effetti del conflitto scoppiato lo scorso 24 febbraio nel cuore d’Europa mettono sotto pressione una ampia platea di imprese. Per questo Confartigianato nei giorni scorsi, intervenendo in audizione sul Dl Energia alle Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera, ha ribadito la gravità della situazione in cui versano gli imprenditori a causa dei costi energetici. Per quanto riguarda il caro energia, Confartigianato ha sostenuto che bisogna consentire anche alle piccole imprese di accedere al credito d’imposta per energia e gasprevisto per le aziende energivore: vanno diversificate le fonti diapprovvigionamento energetico ampliando la produzione nazionale, anche puntando sulle energie rinnovabili e sui sistemi di generazione distribuita”.