Un progetto di comunità per accogliere il popolo ucraino in fuga. È quanto propone l’assessore comunale al turismo e alla programmazione Franco Caccia, che è anche sociologo, riflettendo sul conflitto in atto e di fronte alle crude immagini, provenienti dal fronte, che fanno generare discordanti: forte sdegno nei confronti degli invasori e profonda vicinanza verso il popolo ucraino, finora lasciato solo a contrastare la follia del dittatore russo. Visto che anche in Calabria è partita la catena di solidarietà che, grazie anche all’impegno di organizzazioni umanitarie certificate, consentirà di far arrivare alle vittime della guerra i primi ed indispensabili aiuti, Caccia sostiene che occorre pensare da subito anche ai bisogni della seconda fase. «Sono in tanti, specie tra le fasce deboli del popolo ucraino (bambini, donne, persone anziane) – afferma – che sono in procinto di fuggire dal loro Paese. Sarebbe quanto mai urgente ed importante pensare ad accogliere, presso le nostre comunità, nuclei di famiglie ucraine, in modo da consentite loro di vivere in ambienti sicuri e di fruire dei supporti necessari per superare questa difficile fase. Rientra in questa ipotesi l’impegno profuso dal presidente della giunta regionale della Calabria, Roberto Occhiuto, il quale si sta adoperando per reperire risorse da destinare ai comuni disposti ad accogliere i profughi ucraini. Iniziativa senza dubbio lodevole il cui unico dubbio è, però, legato ai temi necessari per avviare l’ospitalità. Bisogna pertanto, contemporaneamente, pensare a soluzioni alloggiative “chiavi in mano”». Per l’assessore Caccia, sarebbe un bel gesto avviare un progetto di accoglienza di tipo comunitario a Squillace, già sede della prima diocesi della Calabria. «Il neo vescovo mons. Claudio Maniago, fin dai suoi primi interventi dal recente insediamento – rileva Caccia – ha chiaramente manifestato l’idea di una Chiesa fattiva, promotrice di unità e coesione delle comunità diocesane. La disponibilità a Squillace di alcuni idonei locali di proprietà della diocesi, in precedenza occupate da religiose che di recente sono state destinate ad altra sede, potrebbe rappresentare la base su cui costruire un progetto di accoglienza integrato a cui potranno dare il loro concreto contributo le diverse risorse presenti nel contesto cittadino, tra cui una vasta rete di associazioni con finalità sia nel campo socio-assistenziale, quanto in quello culturale e dello sport; istituzioni pubbliche, cittadini». Sono, peraltro, diversi i luoghi in cui i parroci hanno già avviato questo percorso contribuendo con tali scelte a rivitalizzare le rispettive comunità. Inoltre, sempre secondo Caccia, la presenza a Squillace di diverse persone provenienti dall’Ucraina per svolgere attività di cura per persone anziane, potrebbe essere valorizzata allo scopo di favorire i processi di integrazione, linguistico e culturale, ed avviare le diverse attività di accoglienza nel modo migliore. «Come spesso capita – conclude – fare del bene rafforza i singoli ed aiuta a diffondere nelle comunità protagoniste una maggiore coesione ispirata al bene comune».
Carmela Commodaro

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