“Mia figlia mi ha riferito che il bimbo estratto dalla vasca si muoveva”. Lo ha detto stamattina una testimone all’udienza di oggi nel processo a carico di Carmine Manna ed altre cinque persone tra istruttori e assistenti bagnanti, per la morte del piccolo Giancarlo Esposito, deceduto nell’estate del 2014, nella piscina comunale di Campagnano, a Cosenza. È la mamma di una delle bambine che frequentava da anni il “kinder garden” della struttura, cioè tutta una serie di attività ludiche e motorie che si svolge in estate da moltissimi anni, ad essere stata sentita dal giudice nel tribunale bruzio. “Mia figlia – ha continuato la testimone – quella mattina, come accadeva sempre, l’ho lasciata alla cosiddetta ‘accoglienza’, alla signora Franca (Manna, ndr). Rientrata a casa, a fine mattinata, mi ha detto quello che era successo. Ricordava che il piccolo Giancarlo indossava i braccioli di colore arancione ed era in braccio all’istruttrice, e che quando è stato tirato fuori dalla vasca si muoveva”. La testimone ha anche fatto riferimento alle dimensioni della struttura in cui giocavano in bambini, che era “grande quanto una vasca da bagno – ha detto – tanto che ad un adulto l’acqua poteva arrivare al massimo sotto il bacino”. L’escussione dei testimoni della difesa ha portato sul banco anche un consulente informatico. In risposta a quanto mosso dall’accusa in una delle udienze precedenti, e inerente alla scarsa visibilità delle immagini catturate dalle telecamere di sorveglianza, il professionista ha confermato la non perfetta qualità. “Nonostante questo – ha detto il tecnico – si possono distinguere meno di venti sagome”, respingendo quanto aveva affermato l’accusa nelle udienze precedenti, riferendo di un numero di 24 profili. La prossima udienza si svolgerà il 9 aprile. Saranno ascoltati periti medico legali della difesa.

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