CATANZARO, – Ruota intorno all’imprenditore Antonio Gallo, alias “il principino”, l’inchiesta “Basso profilo” condotta dalla Dia di Catanzaro con il coordinamento della Dda. Un imprenditore, dicono gli investigatori, in grado di rapportarsi con i membri apicali di ciascun gruppo mafioso calabrese non in senso occasionale e/o intermittente, bensì in senso organico e continuo. Gruppi riferibili a soggetti del calibro di Nicolino Grande Aracri, Giovanni Trapasso, Alfonso Mannolo e Antonio Santo Bagnato. L’imprenditore ha mostrato di essere in grado di interloquire, anche direttamente, con i boss manifestando in tal modo, dicono gli investigatori, “una significativa caratura criminale e presupponendo una vera e propria appartenenza alla ‘ndrangheta”. Grazie dapprima all’intraneità nella cosca Grande Aracri, e poi al legame, tra gli altri, con Mario Donato Ferrazzo (del locale di Mesoraca), Domenico Megna (del locale di Papanice), dei maggiorenti delle cosche cirotane, di Antonio Santo Bagnato (del locale di Roccabernarda), avvalendosi della sua intraprendenza imprenditoriale e veicolando parte dei proventi alle cosche, avrebbe gestito in regime di sostanziale monopolio la fornitura di prodotti antinfortunistici alle imprese che eseguivano appalti privati nei territori del settore jonico catanzarese. Gallo, inoltre, si sarebbe procacciato appalti con enti pubblici anche attraverso il potere intimidatorio, curava la gestione di società fittizie create allo scopo di incamerare profitti illeciti e si interfacciava con personaggi politici ai quali prometteva pacchetti di voti in cambio di favori per sé e per altri. Dall’indagine è emerso che il nuovo “oro” delle organizzazioni criminali sono le fatture per operazioni inesistenti, merce che oggi è assai ricercata e “trafficata” per i benefici che può determinare per gli imprenditori disonesti e per le aziende a gestione o funzionali della ‘ndrangheta. Tanto che sono emersi prelevamenti in contanti per 22 milioni attraverso l’arruolamento di un folto numero di soggetti prelevatori, vere e proprie “scuderie” in un network di 159 società fruitrici e 86 società “cartiere” che emettevano i documenti falsi. Il settore prediletto era quello dei servizi e fornitura di dispositivi di protezione individuale, mascherine, caschi, guanti. Gallo, secondo l’accusa, sarebbe stato in grado anche, grazie a una fitta rete di relazioni, di turbare una serie di gare d’appalto bandite tra il 2017 e il 2018 dalle stazioni appaltanti del Consorzio di bonifica Jonio-Crotonese e Jonio-Catanzarese, per appalti dal valore complessivo di oltre 107 milioni. Le indagini hanno anche acclarato la complicità di pubblici ufficiali – direttori, responsabili e funzionari dell’ufficio appalti e contratti, Rup e un membro di commissione dei procedimenti relativi agli appalti. Nell’inchiesta sono coinvolti anche due politici catanzaresi, Tommaso Brutto, ex consigliere di minoranza al comune di Catanzaro, e il figlio Saverio, assessore del comune di Simeri Crichi, che, avrebbero messo in contatto un finanziere infedele con Gallo, attraverso promesse di “entrature” da realizzare con il contributo del segretario regionale dell’Udc in Calabria Franco Talarico, oggi assessore al bilancio della Regione Calabria che, a sua volta, avrebbe coinvolto l’allora europarlamentare Lorenzo Cesa e altri politici nazionali. Talarico, insieme ai due politici locali, avrebbero guardato a Gallo, secondo l’accusa, come imprenditore di loro riferimento per l’aggiudicazione di grossi appalti per i quali il loro guadagno sarebbe consistito in una provvigione del 5%. L’inchiesta ha portato all’esecuzione, da parte di 200 uomini della Dia provenienti da tutta Italia con il supporto di poliziotti, finanzieri e carabinieri, all’esecuzione di 13 ordinanze di custodia in carcere, 35 agli arresti domiciliare, un obbligo di divieto nel comune di Catanzaro e un obbligo di presentazione alla Pg. Il provvedimento è stato emesso dal gip Alfredo Ferraro, su richiesta del procuratore Nicola Gratteri e dei pm Paolo Sirleo e Veronica Calcagno, (ANSA).