Sorelle e fratelli carissimi,
1. Saluto e benedizione nel Signore. All’inizio del nuovo anno liturgico e alla vigilia delle festività natalizie, vi giungano il nostro saluto e l’augurio di ogni bene: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio» (2Cor 3,5). Mentre ci prepariamo con le opere di bene e con la preghiera, a celebrare la venuta del Figlio di Dio tra noi, corroboriamo lo spirito di fede e alimentiamo la speranza! Sentiamoci tutti sotto lo scudo della Provvidenza divina, della Beata Vergine Maria, di san Giuseppe e, come ha ribadito papa Francesco: «durante questi mesi di pandemia, in cui possiamo sperimentare, in mezzo alla crisi che ci sta colpendo, che “le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni -solitamente dimenticate- che stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. […] Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità […]. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti”. Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà» (Patris corde, Introduzione).
2. Persistenti situazioni di sofferenza da pandemia. Mentre scriviamo, continuano a giungerci tante notizie di lutti, afflizioni, sofferenze, disagi e stenti. Lo riconosciamo, come padri e pastori del popolo a noi affidato: quando il corpo di uno solo soffre, soffre l’intero corpo ecclesiale e l’intera umanità. Del resto, «[…] se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme» (1Cor 12,26 a). Ebbene, noi soffriamo con voi, ammalati e contagiati, isolati e lontani dagli affetti più cari; con quanti condannati a non poter lasciare i luoghi di reclusione; con voi, persone sole per scelta di vita o per necessità esistenziale, che ogni giorno correte il rischio di vedere trasformata la solitudine in isolamento; con voi, persone senza fissa dimora e/o prive di una dignitosa abitazione, che attendete la mano tesa di chi sta meglio. Siamo vicino a voi, che avete dovuto fare a meno delle vostre attività professionali, commerciali, artistiche, sportive, con gravi danni economici. Siamo solidali con voi, medici, infermieri, operatori sanitari e socioassistenziali, punta avanzata del soccorso e della cura agli ammalati, che rischiate il contagio e la vita spendendovi senza se e senza ma. Siamo solidali con voi fratelli e sorelle, che in silenzio, svolgete i servizi più utili per la collettività: quali la formazione scolastica in ambito statale e paritario e lo siamo anche con tutti coloro che cooperano per il corretto funzionamento del ciclo dei rifiuti, della catena alimentare, della prevenzione e del controllo geologico e sociale del territorio. A tutti diciamo di avere fiducia nel Signore che viene a liberare la terra. Non disperate, mai, carissimi, anche di fronte alle angosce per il domani.
3. Riflessione generale sul “destino” sociale della Calabria. Guardando alla situazione sanitaria della Calabria, non da oggi drammaticamente al centro dell’interesse nazionale, ci domandiamo se potrà mai esistere un progetto di sviluppo grazie al quale essa diventi finalmente un territorio normale quanto a diritto alla salute. A tutti, vogliamo ripetere le parole di Gesù: «Tuo fratello risorgerà» (Gv 11,23). Invochiamo insieme Cristo medico, che ci addita il vero rapporto tra medico e sofferente e ammonendoci che il vero “medico” è proprio lui. Pur nel rispetto dei ruoli, in un’ottica generale e con la mente ed il cuore rivolti alle prospettive della Calabria, la CEC non può dimenticare, il dovere di dar voce ai cattolici calabresi, che costituiscono la tradizione costante della nostra storia e la speranza del nostro futuro. È dunque dovere morale del popolo calabrese analizzare i non pochi punti dolenti della realtà, proponendo soluzioni, non utopiche, ma realistiche e praticabili nel breve periodo. Auspichiamo una mobilitazione degli intelletti: da noi non mancano, ma troppo spesso o si mettono o sono messi da parte. La CEC suggerisce ai calabresi, che si preparano a tornare alle urne di dare il loro apporto alla Regione, sperando che dal canto suo, essa rinunci ai vecchi vizi di favoritismi e comparaggi, accetti tale servizio partecipativo e ne faccia tesoro per l’avvenire. Preghiamo il Signore della storia per i nostri futuri governanti! Ricordiamo le parole di papa Francesco nella meditazione di santa Marta del 16 settembre del 2019: «Io sono sicuro che non si prega per i governanti. Sì, li si insulta, sì, quello sì. Sembrerebbe che la preghiera ai governanti sia insultarli perché “non mi piace quello che fa”, perché “è un corrotto”… Chi di noi ha pregato per i parlamentari? Perché possano mettersi d’accordo e portare avanti la patria? Sembra che lo spirito patriottico non arrivi alla preghiera; sì, alle squalificazioni, all’odio, alle liti, e finisce così».
4. Sorelle e fratelli tutti. In quest’anno liturgico, siamo particolarmente sollecitati dalla recentissima Enciclica Fratelli tutti e dalla discussione collegata alla “Settimana sociale dei cattolici”, che si terrà a Taranto nell’ottobre 2021 su “Ambiente, lavoro, futuro”. Proprio mentre soffriamo per il presente universale e locale, possiamo e dobbiamo immaginare con maggiore fiducia il futuro delle persone, del pianeta e dell’attività che nobilita l’essere umano: il lavoro. Il Natale ci sollecita a pregare di fronte al presepe, per quanti sono feriti, abbattuti, in ansia, in cerca di aiuto… Come Chiesa, durante la pandemia, stiamo vivendo davvero come “ospedale da campo”: ecco perché vogliamo continuare a guardare a quei moribondi e a quei feriti che non possono essere neppure inventariati a livello pubblico per ottenere le provvidenze e i ristori governativi. La chiara indicazione del Papa è riscoprirci sorelle e fratelli tutti. Ma come sentirsi tutti corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere davvero come popolo? Come praticare un’ecologia integrale, per unire l’istanza ambientale a quella socioculturale ed umana della vita quotidiana? Siamo convinti che per costruire il bene comune, che include anche la nostra casa comune, i fedeli cristiani laici debbono riscoprire gli effetti sociali e politici della loro fede: fare politica vuol dire anche dare vita ad una sana discussione su progetti a lungo termine per costruire un bene comune duraturo. A tutti vogliamo ricordare le parole del Papa: «[…] senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento […] la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere» (FT, 103). Ecco perché la Chiesa, con più entusiasmo in questi giorni di festa, si adopera su più fronti sociali e culturali per alimentare la fiducia perché siamo nelle mani di Dio, incrementando solidarietà, assistenza e prossimità in favore dei non abbienti, il cui numero è smisuratamente aumentato.
5. Saluto finale. Carissime e carissimi, ci avviciniamo alla Veglia del Natale del Signore in compagnia della nuova edizione del Messale romano, che invita le nostre assemblee liturgiche a rinnovare l’impalcatura celebrativa della comunità cristiana, perché divenga il luogo al quale riferire non solo l’eucologia, ma una spiritualità effettivamente ecclesiale.
6. Sorelle e fratelli tutti, il Signore viene! Accogliamolo con gioia: «Nel mistero adorabile del Natale egli, Verbo invisibile, apparve visibilmente nella nostra carne, per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta. Generato prima dei secoli, cominciò a esistere nel tempo, per reintegrare l’universo nel tuo disegno, o Padre, e ricondurre a te l’umanità dispersa» (dal prefazio di Natale II).
+ Vi benediciamo tutti, uno ad uno e una ad una.