Un «graduale e costante ricambio generazionale», che continua a registrarsi a causa della «mancanza di leader, conseguente alle inchieste che hanno portato a numerosi e significativi arresti». È quanto si legge nella relazione semestrale, riferita al periodo luglio-dicembre 2019, che la Direzione investigativa antimafia ha inviato al Parlamento, all’interno della quale si fa riferimento anche alle cosche operanti nel Distretto catanzarese che, «se da una parte continuano a utilizzare la violenza, la forza d’intimidazione e dell’assoggettamento, dall’altra tendono ad assoldare amministratori, imprenditori e funzionari pubblici». A tal proposito, secondo la Dia, «emblematica risulta l’inchiesta “Rinascita-Scott”, coordinata dalla Dda di Catanzaro e conclusa dai carabinieri il 19 dicembre 2019 nel territorio di Vibo Valentia».
I CLAN DEL SOVERATESE E DELLE PRESERRE – Analizzando le singole zone della provincia di Catanzaro, la Direzione investigativa antimafia scrive che «a Soverato e nei comuni limitrofi, oltre al clan Gallace» di Guardavalle, «continua a operare la cosca Sia-Procopio-Tripodi»; mentre nei comuni di Chiaravalle Centrale e Torre di Ruggiero, area delle Preserre, «risultano operanti le famiglie Iozzo-Chiefari», queste ultime colpite duramente dall’operazione denominata “Orthrus”, eseguita il 13 ottobre 2019 dai carabinieri di Catanzaro, «nel cui ambito 17 soggetti sono stati colpiti da un provvedimento restrittivo, quali appartenenti, nonché fiancheggiatori della cosca. Nello specifico – scrive ancora la Dia – sono stati contestati, tra gli altri, i reati di associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Nel corso dell’operazione, in un deposito sito a Chiaravalle Centrale, è stato scoperto un vero e proprio arsenale di armi a disposizione del clan, composto da fucili kalashnikov, pistole e un ordigno artigianale».
LA COSCA GALLACE E LE SUE RAMIFICAZIONI – Restando nel Soveratese, la Direzione investigativa antimafia si concentra in particolare sulla famiglia Gallace, operativa in Lombardia e nel Lazio, e legata alla cosca Ruga-Metastasio-Leuzzi, operante nell’area di Monasterace e in quelle limitrofe di Stilo. «Anche il territorio di Aprilia (in provincia di Latina, ndr) si è caratterizzato per l’operatività di proiezioni mafiose. Investigazioni del passato – si legge nella relazione – hanno messo in luce come il territorio sia stato utilizzato come crocevia dei traffici di stupefacenti. È stata segnalata la presenza di esponenti delle ‘ndrine dei Gallace, degli Alvaro di Sinopoli (Reggio Calabria), dei Cangemi e di soggetti campani vicini ai Casalesi». Ad Anzio e Nettuno, in provincia di Roma, inoltre, i Gallace hanno «stabilito rapporti con esponenti delle famiglie autoctone implicate con ruoli di rilievo nel campo degli stupefacenti». Già nel 2004, alcune indagini coordinate dalle autorità giudiziarie di Catanzaro e Roma, avevano disvelato, secondo la Dia, la «proiezione in provincia di Roma della cosca Gallace. Proprio a tali vicende – scrive la Dia – si collega, nel 2005, lo scioglimento per infiltrazione mafiosa del Comune di Nettuno, primo provvedimento della specie ad avere avuto luogo nel Lazio». In tale contesto, il 29 gennaio 2019, tra Anzio e Nettuno, è stato eseguito il decreto di confisca, emesso dal Tribunale di Roma, nei confronti di beni riconducibili alla ‘ndrina Gallace, per un valore complessivo di circa 1,3 milioni di euro. Il clan del Soveratese, inoltre, operava anche attraverso accordi con la cosca Bellocco di Rosarno e, a tal proposito, secondo la Direzione investigativa antimafia, «una conferma perviene dagli esiti dell’operazione “Magma”» che, nel novembre 2019, ha colpito i Bellocco e le sue articolazioni extra regionali, traendo in arresto tutti i membri apicali della famiglia, «con proiezioni in Lombardia, Emilia Romagna e Lazio». Sempre nel 2019, ma nel mese di agosto, è stato emesso un provvedimento restrittivo nei confronti di un sodalizio a maggioranza albanese, nel quale spicca anche la figura di un pregiudicato italiano, legato da vincoli familiari con un esponente apicale della ‘ndrina Gallace. «L’organizzazione – scrive la Dia nella relazione – era dedita all’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dall’Olanda, trasportata in Italia nascosta su autovetture munite di doppi fondi dotati di sofisticati sistemi di apertura, per la successiva immissione nel mercato romano». Da un’altra operazione, denominata “Last generation”, conclusa nel giugno 2019, è stato accertato, infine, che «i Gallace di Guardavalle (Catanzaro), reinvestivano i proventi derivanti dagli stupefacenti in Austria, dove era attivo un loro affiliato».