I “tagli lineari” avvenuti a partire dal 2010, “che hanno prodotto una tendenza al rientro ma che hanno prodotto un aggravamento dei servizi”; l’”inadeguatezza della struttura commissariale”; i risultati diffusi dal Tavolo Adduce, “che ha rilevato la negatività di dati come la migrazione sanitaria, i Lea e il debito”. Sono queste le premesse che hanno portato il governatore della Calabria Mario Oliverio a chiedere, in una relazione svolta davanti all’assemblea, al consiglio regionale di “assumere una iniziativa libera da strumentalizzazioni. Le vere catene sono quelle che permangono sui calabresi: su questo non c’è da fare sconti su nessuno”. Oliverio non accetta che la sua azione sia definita “strumentale”: “Lo sto facendo assumendomi responsabilità e non sono per nulla preoccupato dell’immagine di un Oliverio isolato o scaricato: mi interessa mettere al centro i bisogni reali di questa regione. E questo dovrebbe essere un interesse comune”.
Fosse stato un interesse personale, “non mi sarei permesso di disturbare i manovratori di Roma”. Oliverio ribadisce di parlare “il linguaggio dell’oggettività” ed è convinto che sia “arrivato il momento di mettere la Calabria nelle condizioni di uscire da questo pantano”.
“Il ministro Lorenzin, nella sua ultima visita in Calabria – puntualizza Oliverio -, non ha negato questa situazione di cui ho parlato, andate (si rivolge alla minoranza, ndr) a risentirvi le registrazioni. Ha dimenticato di dire che il Lazio, che è uscito dal commissariamento, è partito da una condizione molto peggiore rispetto alla Calabria. Lorenzin ha dimenticato di dire che nel Lazio e nel Piemonte a determinare la fuoriuscita dal piano di rientro sono stati i governatori Zingaretti e Chiamparino. Ci sarà un motivo se in Calabria siamo legati sempre alla schizofrenia dei dati…”.
Il governatore ribadisce quindi le ragioni della sua protesta (“che non è una barzelletta»”), perché ritiene “grave” la situazione: “Valuterò le decisioni del consiglio dei ministri e mi auguro che non si sottovaluti la gravità della situazione calabrese e che una regione sia messa nelle condizioni di avere gli stessi diritti dei cittadini di altri regioni d’Italia”.

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