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AMARONI – È stata presentata nella sala consiliare del comune di Amaroni, la raccolta “A parole nostre: dal vernacolo all’italiano e ritorno”, un viaggio nella memoria, un omaggio al grande patrimonio identitario di cultura immateriale di cui soprattutto le aree interne della nostra regione sono custodi. L’evento è inserito nel cartellone di “E…state ad Amaroni”, l’iniziativa culturale selezionata dalla Regione Calabria tra le proposte per la valorizzazione del sistema dei beni culturali e il rafforzamento dell’offerta culturale presente in Calabria – annualità 2018. Quello sul vernacolo è un percorso che celebra l’identità del popolo calabrese andando alla riscoperta delle proprie radici, dei suoi dialetti; un patrimonio linguistico frammentato, espressione soprattutto della civiltà contadina e di saggezza popolare. Proverbi, canti popolari, nenie, poesie, modi di dire declinati nelle espressioni dialettali che esprimono l’essenza di valori e a volte diventano anche un modo per pontificare, sentenziare, con pungente ironia, riguardo a episodi, stati, fatti, condizioni della vita quotidiana. Suggestiva l’apertura, con un “canto di sdegno”, eseguito da Andrea Bressi, cantastorie e ricercatore catanzarese, cui sono seguiti i saluti del sindaco Gino Ruggiero, che si è anche soffermato sull’importanza dell’iniziativa culturale. Subito dopo il vicesindaco Teresa Lagrotteria che con l’incipit «’u calabrisa vo’ parratu», ha accompagnato i numerosi partecipanti in questo viaggio di andata e ritorno tra le nostre radici, la nostra unicità, soffermandosi su un patrimonio linguistico espressione spesso dei valori della giustizia e dell’uguaglianza sociale. Spiega, leggendo e interpretando alcuni versi, la struttura della raccolta: dagli scioglilingua, agli indovinelli, alle credenze popolari, ai nomignoli, ai canti. Ad approfondire i contenuti Silvestro Bressi, studioso, esperto di credenze e tradizioni popolari, dal cui lavoro di anni di ricerca sull’intero territorio regionale promana buona parte della raccolta: declina versi, espressioni di saggezza popolare; spiega i nomignoli, tradizioni quali la “Corajisima”, “il comparatico del San Giovanni”, l’arte dei fischietti, figure e voci che caratterizzavano le strade e le piazze dei paesi, come il “sampaularo”, il banditore, e poi ancora balli e credenze, la tarantella e i tarantolati, l’interpretazione dei sogni, “magare e magarie”, il malocchio. Spazio anche ai giochi di una volta, ad alcune poesie in vernacolo, ai canti popolari. “A parole nostre: dal vernacolo”, ovvero dalle origini della nostra appartenenza alla cultura calabrese, “…all’italiano…”, a esprimere l’importanza di diffondere la conoscenza e il sapere attraverso un linguaggio unitario nazionale, “…e ritorno” preservando e alimentando la nostra identità di popolo regionale. Un percorso nel quale hanno accompagnato con i loro versi anche due scrittori e poeti amaronesi, purtroppo scomparsi, che rappresentano un pezzo di storia della comunità locale, Salvatore Cancelliere e Francesco Salvatore Olivadoti. Importante il contributo offerto anche dalla popolazione anziana e da quanti, a vario titolo, hanno concorso alla realizzazione della raccolta. Apprezzati anche gli interventi degli scrittori Mario Truglia e Pino Vitaliano. La manifestazione culturale si è arricchita dell’arte del maestro Salvatore Miglietta, calabrese di adozione, carica del suo innato “meridionalismo”, della sua naturale rappresentazione del “vero autentico”, dell’irruenza dei cromatismi, delle donne “migliettiane”, sempre impegnate nel lavoro, spesso ritratte nell’atto della raccolta delle olive, concentrate, piegate ma non spezzate dalla fatica, umili ma forti, dai visi terrosi che, in una esplosione improvvisa, sono illuminati dalla luce del sole. Il progetto espositivo è incentrato su venti opere, una vera e propria antologica: dalla sua “Voglia di vivere”, datata 1959, realizzata durante il primo incontro con Giorgio Morandi, protagonista della pittura italiana del Novecento, considerato tra i maggiori incisori mondiali del secolo, che sarebbe diventato il suo maestro, passando attraverso il periodo della pittura sociale, con i temi della vita nei campi. I decenni di attività artistica si susseguono nella mostra evidenziando la sua personale narrazione umanistica per arrivare alla più recente fase “agravitazionale”, una specifica tecnica sperimentale adottata dall’artista, mediante la quale l’opera “s’illumina di luce propria”, rappresentando la “metamorfosi di un’idea”: tutto ciò che la luce maschera, il buio disvela. La mostra, presentata da Wanda Chiodo, consulente di comunicazione e marketing, in affiancamento all’amministrazione comunale di Amaroni, è aperta al pubblico fino al 3 maggio, continuando a regalare emozioni e suggestioni, spunti di riflessione e stupore.

Carmela Commodaro

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