Catanzaro – “Non possiamo che essere soddisfatti dell’esito positivo riguardante la proposta di legge regionale in merito all’accorpamento dei poli sanitari presenti in città, la quale ha consentito la creazione dell’azienda più grande del sud Italia, ciò nonostante siamo anche rammaricati per gli ennesimi concorsi truccati, falsati, bloccati e sotto inchiesta da parte della Procura”. Sono queste le dichiarazioni di Stefano Mellea, responsabile provinciale di CasaPound Catanzaro. “Siamo inoltre delusi dalle tante promesse fatte nel corso degli anni riguardanti l’apertura del secondo Pronto Soccorso al policlinico dell’UMG, importante progetto bloccato forse a causa dell’ostruzionismo compiuto proprio da coloro che dovrebbero istituirlo”. “Si argomenta spesso – spiega Mellea – di sanità, ma non della carenza del personale e della precarietà dei medici del 118. Non si parla mai dei posti vacanti che costringono gli addetti ai lavori a dover coprire postazioni sparse sul territorio o a fare alcune ore di straordinari (solo nel catanzarese la carenza è di almeno 31 unità). La provincia di Catanzaro, così come tutta la Calabria, vive da anni con meccanismi fermi agli anni della pietra. Non si proferisce parola su quei medici che, nonostante lavorino per il 118 da anni, sono fuori dalla graduatoria regionale e non ne faranno mai parte perché non in possesso del corso triennale di medicina generale, ma sono comunque specializzati in altre branche per le quali non è prevista né equipollenza né affinità”. La conseguenza – prosegue il responsabile – è che questi dottori fuori graduatoria lavorano senza poter aspirare ad un contratto a tempo indeterminato, rischiando, anche dopo dieci anni di servizio, di restare senza lavoro per ‘colpa’ di qualche giovane dottore appena arrivato che aspira a lavorare nel 118 ed è in possesso del corso riconosciuto”. “Inoltre – incalza – conseguenza della scarsità di personale qualificato è avere ambulanze demedicalizzate, come accaduto quest’estate alla postazione di Sersale (60 minuti dal Pronto Soccorso più vicino) dove infermiere e autista soccorritore non possono intervenire su un paziente in codice rosso. Come da regolamento hanno devono chiamare la centrale operativa attendendo l’arrivo di un medico ed incrociare le dita nella speranza che l’attesa non fosse fatale”. “Ma le criticità non sono finite – prosegue il responsabile provinciale di CPI – Altro fenomeno increscioso e molto ricorrente dovuto alla mancanza di presidi fondamentali, è lo sbarellamento in pronto soccorso: questo dovrebbe essere immediato, ma così non è perché tutte le barelle sono occupate e di conseguenza l’ambulanza resta impegnata. Ciò rende inutilizzabile il mezzo che, nel caso di chiamata, deve essere sostituito da quella libera più vicino al luogo dell’emergenza. A volte la distanza minima da dover coprire è di 15 o 20 chilometri”. “Chiediamo che l’ente regionale di competenza renda più veloce il servizio che svolge l’operatore, mettendogli a disposizione tutti gli strumenti necessari. Chiediamo altresì – conclude Mellea – che vengano deliberati concorsi di assunzione nei presidi ospedalieri per garantire adeguate prestazioni all’utenza e che vengano stabilizzati tutti quei medici che da anni operano sul campo e sono in possesso dei requisiti necessari per ottenere un contratto a tempo indeterminato, proprio come fatto da tante altre Regioni”.

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