Per la prima volta nella storia viene eletto un Presidente di Regione, tra l’altro, a statuto speciale del Movimento 5 Stelle: la parlamentare Alessandra Todde. L’altra peculiarità di queste regionali è che la candidata vincitrice prende un numero di voti superiore alla sommatoria delle sue liste di 2,8 punti percentuali; se consideriamo dall’analisi dei flussi elettorali che la maggior parte dei voti del candidato Presidente Renato Soru che si attesta al 8,7% sarebbero stati da aggiungere a quelli della Todde, il campo largo poteva abbondantemente superare il 50%. L’altro dato interessante è che il Partito Democratico in Sardegna diventa il primo Partito della Regione, superando di 0,2 punti percentuali Fratelli d’Italia e riuscendo ad aggregare, nonostante Soru e Azione, sia i voti del Movimento 5 Stelle, sia quelli dei Verdi e della coalizione a sinistra del PD, oltre ad aggregare molti movimenti identitari Sardi, riuscendo a prospettare una visione di amministrazione della Regione diametralmente opposta a quella del centrodestra. L’errore di valutazione di Giorgia Meloni si consuma su 3 aspetti; uno è che nonostante la coalizione raggiunga il 48,6% di voti il candidato voluto dal Presidente del Consiglio non riesce a superare il 45% con un differenziale di 3,8 punti percentuali; l’altro aspetto veramente dilettantistico è che questo candidato perde soprattutto nella città capoluogo di Regione i voti decisivi per vincere, città da lui amministrata; il terzo aspetto è che il Premier sceglie un candidato perdente nella città amministrata sostituendolo rispetto ad un Presidente della Regione uscente, che a sua volta non era percepito come un
buon amministratore. In tutto questo c’è la dimostrazione che i Leader Nazionali sbagliano quando politicizzano a fini Nazionali elezioni Regionali o Amministrative perché la peculiarità dei territori e le conoscenze delle problematiche della popolazione amministrata prevalgono sempre su logiche di carattere politico Nazionale. Un altro dato importante di questa competizione Sarda è rappresentato anche dal fallimento del regionalismo cosiddetto a Statuto Speciale, cioè l’adozione di un sistema elettorale che prevede la possibilità di dare il voto disgiunto, con la presentazione di tutti i contrassegni delle liste sia nella scheda del candidato Presidente, sia nella scheda dei candidati al Consiglio Regionale. Ciò ha generato una confusione notevole in un sistema di rilevazione dei dati Regionali che non è assolutamente paragonabile con quello efficiente del Viminale. Questo dimostra che alcuni servizi funzionano quando sono centralizzati e che non si può decentralizzare funzioni tipiche dello Stato, come ovviamente realizza lo Statuto Speciale e come vorrebbe accentuare ancora di più il regionalismo differenziato, che può essere adottato soltanto dalle regioni a Statuto Ordinario. Insomma, dalla Sardegna la politica riprende un nuovo cammino, le Regionali il 10 marzo in Abruzzo con sullo sfondo la Basilicata e il Piemonte e con la competizione elettorale delle Amministrative e delle Europee forniranno un nuovo quadro politico, a dimostrazione che l’Italia è un Paese autenticamente democratico rispetto ad un contesto mondiale di grave e profonda crisi delle Democrazie. Questa è una buona notizia.

Felice Caristo.

Indietro