Di “Disturbo alimentare In ambito migratorio” si è parlato il 10 novembre scorso nella struttura Sai di Squillace. Gli operatori delle strutture di Gasperina e Girifalco (ambito adulti) e di Squillace, Sant’Andrea e Catanzaro minori (ambito minori) si sono confrontati con la professoressa in psichiatria e disturbi dell’alimentazione Segura Garcia Cristina, docente all’Università Magna Graecia di Catanzaro, e con la psichiatra dottoressa Marianna Rania. Gli operatori hanno posto una serie di domande sulle problematiche che incontrano in ambito alimentare con gli ospiti migranti accolti nelle strutture. “Il cibo è un fatto culturale – ha affermato la professoressa Segura – le abitudini alimentari sono strettamente legate alle tradizioni, agli stili di vita e alle credenze religiose di ogni popolo”. Gli ospiti delle strutture dopo aver vissuto traversie per l’approdo sulle nostre coste affrontano il problema legato all’alimentazione che di fatto li mette di fronte a usi, gusti e cibi diversi dalla loro cultura culinaria. Non per tutti avviene l’adattamento ai nuovi cibi e al nuovo modo di alimentarsi per cui alcuni sviluppano dei disagi di adattamento al nuovo con non poche problematiche di alimentazione. Anche gli operatori delle strutture si sono ritrovati di fronte a minori e adulti migranti che avevano sviluppato una forma di disturbo alimentare, riportando alcune esperienze vissute con alcuni ospiti e sottolineando che alcune volte non è facile individuare il disturbo alimentare: molte volte si addebita un comportamento anomalo dovuto alle vicissitudini negative che queste persone hanno vissuto oppure al fatto di ritrovarsi in un Paese diverso in tutto dalla propria terra, al fatto di elaborare la separazione e la perdita. A tutto questo si associa anche la necessità di un progressivo avvicinamento alla nostra cultura per un processo di inserimento. Il fenomeno migratorio ormai è un dato consolidato nel nostro Paese ed alcune indagini in ambito alimentare hanno rilevato un aumento dei disturbi nell’alimentazione soprattutto in fascia pediatrica. Il minore si trova di fronte alla necessità di risolvere velocemente il complicato rapporto con il proprio passato e il suo paese di origine, da combinare con la nuova realtà culturale e con la relazione con le figure che se ne curano, in questo caso con gli operatori delle strutture. L’incontro si è concluso con la programmazione in futuro di corsi e percorsi più strutturati per gli operatori per acquisire strumenti di conoscenza ed essere preparati ad eventuali problemi legati all’alimentazione in ambito migratorio.
Carmela Commodaro

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