(Riceviamo e pubblichiamo)

Mi sono sempre chiesta cosa sarebbe accaduto se Yahweh invece di rivolgersi ad Abramo, per chiedergli di sacrificare il figlio Isacco, si fosse rivolto alla madre Sara. E mi è sempre piaciuto immaginare che Sara si sarebbe opposta a Dio per tre volte. La prima con le armi della logica, accusando il divino di infrangere il patto d’alleanza suggellato con la gravidanza inaspettata, il patto con il quale aveva promesso una lunga discendenza che, con l’uccisione di quell’unico figlio giunto molto avanti negli anni, non ci sarebbe stata. La seconda con la rabbia e l’accusa di sadismo, perché solo una mente malvagia può donare a una donna anziana il miracolo di una gravidanza, la gioia di prendersi cura di una vita e di vedere crescere un figlio, fino al giorno in cui le viene chiesto di legarlo mani e piedi e di piantagli un coltello nella gola sgozzandolo come un agnello. Infine Sara, nella mia immaginazione, avrebbe risposto alla richiesta divina con una plateale disobbedienza. a costo della propria stessa vita. Abramo no: Abramo obbedisce, acclarando che se “nel nome di Dio” si è pronti a sacrificare il proprio figlio, niente ci fermerà dall’uccidere, “nel nome di Dio”, i figli degli altri. Il dio dell’antico testamento è alla ricerca di prove di obbedienza cieca. Yahweh è il dio che risponde alla logica del “io ti ho fatto e io ti disfo”, nel libro sacro il libero arbitrio è tutta una finzione perché ciò che si allontana dal dictat divino non è lasciato in balia delle conseguenze degli eventi nel mondo reale, ma è soggetto alla furia vendicativa del creatore. Netanyahu incarna il divino dell’antico testamento. La cacciata dei palestinesi, stranieri e impuri (non dal paradiso ma dall’inferno dei campi profughi), il proposito di radere al suolo Gaza rivendicando il diritto ad esistere di Israele (ma negando al contempo il diritto a esistere dei Palestinesi), l’affermazione “ogni membro di Hamas è un uomo morto”, il taglio dell’acqua, del cibo, dell’elettricità, delle forniture mediche che mettono un popolo in ginocchio sono prove del suo delirio che, come qualcuno ha osservato, va ben oltre l’autodifesa. Sono tutte “risoluzioni” prese unilateralmente da uno Stato “democratico”, il cui agire dovrebbe differenziarsi da quello di un’organizzazione terroristica, e che invece si contrappone al terrorismo agendo con analoga barbarie; che si permette il lusso da anni di ignorare le risoluzioni ONU nel silenzio complice di molte altre “democrazie” occidentali. Vale la pena di ricordare che l’ONU aveva definito il sionismo una forma di razzismo, ma qualche anno più tardi, su pressante richiesta degli USA, tale dichiarazione fu annullata. Vale la pena ricordare che la maggior parte dei territori (i più fertili e coltivabili) furono assegnati a una minoranza ebraica e che molte terre furono in seguito occupate illegalmente dagli israeliani cacciando con la forza i palestinesi che vi abitavano; che con la “risoluzione 242 del 22.11.1967 l’ONU ingiunse a Israele di ritirarsi dai territori conquistati; che nel 2000 l’ONU ha votato (contrari solo USA e Israele ) ben 8 risoluzioni di condanna di Israele per la sua politica nei territori occupati e deciso l’invio di osservatori internazionali e di una commissione di inchiesta ai quali è stato impedito di lavorare sul campo. E ancora nel 2004 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – tra i quali gli Stati Uniti – ha votato una risoluzione per chiedere a Israele di interrompere le operazioni militari nella Striscia di Gaza che avevano provocato 82 morti. Ma Israele ha ignorato questa come altre risoluzioni senza che nessuno gridasse la propria indignazione e ha negato agli osservatori dell’Onu un ingresso sicuro nella Striscia, impedendo all’agenzia che si occupa dei profughi palestinesi, di distribuire il cibo. L’accesso a Gaza è stato impedito anche ad Amnesty International. Detto questo non posso negare che mi crea non poco imbarazzo e irritazione ascoltare Biden affermare la necessità di due stati, come se si risvegliasse improvvisamente da un letargo durato decenni, senza rendersi conto che la shoah va a braccetto con la nakba; Biden che continua a ignorare la palese violazione dei diritti umani da parte di Israele che si spinge ai limiti del genocidio ma non provoca alcun moto di orrore nei governi che hanno giustamente deplorato la terribile aggressione terroristica del 7 ottobre. Gli USA che non danno importanza alle bombe al fosforo denunciate dal Washington Post; che glissano sul convoglio di profughi bombardato; che non si sono mai interessati agli sgomberi obbligati, alle famiglie gettate in mezzo alla strada, alle case date alle fiamme per far posto ai coloni; che non fanno riferimento alle chiese, alle scuole e alle strutture ospedaliere distrutte. Anzi gli USA, messaggeri di democrazia nel mondo, assicurano il loro “pieno sostegno” a Israele, senza che venga palesato alcun limite umanitario o etico alla loro “reazione”. E se le tv di stato dedicano numerosi minuti al terrorista sbarcato a Lampedusa e ucciso in Belgio dopo l’omicidio di due tifosi svedesi, meno enfasi è posta dai media sul crimine d’odio compiuto a Chicago da Joseph M Czuba che ha accoltellato una donna e il suo bambino di 6 anni, uccidendolo per la colpa di essere palestinese. E senza voler mettere sulla bilancia vite umane, la cui unicità ha il peso di un macigno, non posso evitare di pensare ai 546 bambini uccisi in Ucraina in 18 mesi di guerra e ai 2360 bambini palestinesi uccisi in 18 giorni a Gaza. Anche le lacrime delle madri pesano come macigni. A questo punto dovremmo fermarci e chiederci: Ci sono vite che valgono più di altre? Bambini più innocenti di altri? Popoli che hanno più diritto di altri all’autodeterminazione? E ancora dovremmo chiederci “E noi chi siamo?” e ricordare che noi siamo i bianchi. Siamo coloro che hanno fatto le crociate contro gli infedeli; che hanno messo al rogo le streghe; che hanno conquistato terre, fondato imperi, sfruttato nazioni e compiuto genocidi; che sono responsabili della tratta degli schiavi; che hanno dato vita a organizzazioni terroristiche suprematiste come il KKK e hanno in patria questioni in sospeso come quella delle black lives; che hanno sganciato napalm sul Vietnam e atomiche sul Giappone, che hanno dato un aiuto non indifferente ai nazisti denunciando, deportando, massacrando intere famiglie ebraiche, che hanno umiliato e torturato i detenuti a Guantanamo e i prigionieri iracheni ad Abu Ghraib. Noi siamo quei bianchi che, nonostante questo curriculum di tutto rispetto, ancora non hanno capito che indossare una bandiera (qualunque essa sia) non rende meno nudi. Oggi l’unico abito che possiamo indossare è il nero del lutto, come le donne israeliane che hanno fatto del nero e del silenzio la loro forma di lotta contro l’occupazione dei territori palestinesi, donne in nero che, come le madri di Plaza de Majo, non si limitano a piangere i propri figli ma si ribellano agli interessi e alla violenza dei governi. Madri che, come Sara, per tre volte sono pronte a ribellarsi all’ingiunzione divina. Madri che “nel nome di Dio” non intendono uccidere i propri figli, né quelli altrui. Perché non ha senso parlare di crimini di guerra: l’unico vero crimine è la guerra.

Patrizia Fulciniti (donna e madre)

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