L’iniziativa, interamente dedicata alla figura di Peppino Impastato, si è svolta nel teatro comunale di Soverato, presenti numerosi studenti, in particolare dell’I.I.S. Guarasci-Calabretta e dell’I.I.S. Malafarina di Soverato, dell’I.I.S. Ferrari di Chiaravalle, i ragazzi della Comunità Ministeriale di Catanzaro e gli ospiti delle strutture di Città Solidale: tutti insieme per dire “no” alla mafia e lanciare un messaggio di speranza per una legalità non solo possibile ma necessaria. Presenti anche le autorità civili e militari: Carabinieri, Capitaneria di Porto, Guardia di Finanza, Esercito. Le allieve della scuola di Danza Exedra di Soverato hanno proposto, in apertura, una coreografia sul brano “I Cento Passi” dei Modena City Ramblers. “Cento Passi verso la Legalità” era il titolo della manifestazione, proposto da padre Piero Puglisi, presidente di Città Solidale, e dal suo staff. Il gruppo musicale “Le Hibou”, attraverso brani propri, hanno voluto lanciare agli studenti messaggi di speranza, di forza e nuove opportunità. Padre Piero ha raccontato come il Premio costituisca «un momento per incontrarsi e parlare di tematiche importanti che riguardano le persone vulnerabili e non solo». Presenti anche il viceprefetto di Catanzaro Lucia Iannuzzi, il presidente dell’Anpi provinciale di Catanzaro Mario Vallone e Daniela Prunestì, in rappresentanza del Comune di Soverato, la quale ha evidenziato il lavoro svolto da Città Solidale per il territorio e soprattutto la rilevanza che tali iniziative hanno quando coinvolgono le giovani generazioni. Poi l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace mons, Claudio Maniago ha introdotto il tema del sogno, partendo da un video di presentazione dell’ente che rappresenta la diocesi. L’arcivescovo ha invitato i giovani a credere in qualcosa, ad investire e a lottare ed impregnarsi per raggiungere il bene. Ha moderato il talk il giornalista Antonio Liotta, che ha presentato insieme a Roberta Critelli, referente per la comunicazione di Città Solidale, le personalità designate per questo anno a ricevere il Premio Città Solidale. Il primo ingresso è stato riservato a Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ucciso 45 anni fa dalla mafia. Ha raccontato delle sue origini familiari e di come a suo zio, esponente mafioso, e a suo fratello in lotta per la legalità, fosse toccata la stessa sorte nonostante avessero condotto una vita diversa. Ha spiegato agli studenti che di questa esperienza ha fatto il suo impegno di vita, ha fondato una onlus e realizzato “La Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato” per rivolgersi ai giovani, speranza del nostro futuro. Monsignor Michele Pennisi, vescovo emerito di Monreale (Palermo), ha raccontato di come abbia fatto del suo mandato un motore per la legalità e una lotta alla mafia, regalando aneddoti e storie di un passato che lo vedono ancora oggi impegnato nel portare con fede la cultura della legalità. È stato poi il racconto personale dell’uccisione del padre, fatto da Simona Dalla Chiesa a innescare una forte emozione. Ha narrato i momenti successivi all’uccisione quando lei e sua sorella seppero della morte del padre in ritardo e soprattutto di come furono celebrati velocemente i funerali, di come i mafiosi volessero liberarsi di quell’uomo che aveva già sconfitto il terrorismo e che era stato mandato lì per sconfiggere anche loro. La dirigente del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria Angela Paravati ha spiegato agli studenti cosa significa la giustizia riparativa e di come sia possibile costruire percorsi rieducativi in carcere per restituire alla società un uomo migliore di quello che è entrato. L’imprenditore Tiberio Bentivoglio ha incentrato il suo intervento sulla sua storia: si è rifiutato di pagare il pizzo, lo ha fatto mettendo a rischio la sua azienda, a quei tempi florida, che oggi porta avanti con sua moglie. Ha parlato degli attentati a cui è sfuggito, ai colpi di pistola a cui invece non è riuscito a sottrarsi e ha sottolineato come non sempre lo Stato si sia dimostrato presente e attento. Oggi vive con due uomini di scorta al seguito ma è orgoglioso di portare le sue pubblicazione e la sua testimonianza nelle scuole, credendo molto nelle giovani generazioni. Anche Rocco Mangiardi, imprenditore lametino, ha avuto il coraggio di dire “no” al pizzo, e nel suo intervento ha dichiarato ai ragazzi di aver avuto paura e di averla superata guardando negli occhi i suoi figli e trovandoci dentro l’orgoglio e il consenso per quella scelta difficile. Ha spiegato che dire si al pizzo vuol dire togliere lavoro a padri di famiglia e finanziare l’uccisone di persone e questo non si può permettere. Ha invitato poi i ragazzi a non fare uso di sostanze perché attraverso l’acquisto della droga la mafia si finanzia e diventa più grande. Ed ha concluso con un messaggio di speranza: la mafia ha avuto inizio e, se vogliamo, possiamo farla finire. A chiudere il talk, Francesca Prestia che ha raccontato come da donna, madre e cantastorie abbia voluto schierarsi dalla parte giusta. Lo ha fatto a suon di musica, componendo e interpretando ballate per Lea Garofalo e per Felicia Impastato. Ha portato un saluto anche il due volte presidente della commissione antimafia Giuseppe Lumia, che si è detto felice di aver potuto assistere a un momento di confronto e di testimonianza, ringraziando padre Piero e la Fondazione Città Solidale per aver seminato un messaggio di speranza, perché se le storie di mafia fanno paura, sentirle raccontare da chi l’ha incontrata e la combatte non può che infondere speranza. Al termine mons. Maniago e padre Piero hanno consegnato i premi.
Carmela Commodaro