Il rito ha inizio con i discepoli, interpretati dai papà dei bambini che faranno la prima comunione quest’anno. Tutto inizia con loro, con la funzione della lavanda dei piedi e il dono che il Signore ha fatto nell’Eucarestia, la presenza reale di Gesù in mezzo a noi. «Non basta ricevere l’amore – afferma l’arciprete don Roberto Corapi nell’omelia – occorre anche donarlo. Don Roberto vuole presentare una linea sinodale all’inizio del triduo pasquale. «Malgrado i limiti e le imperfezioni che possiamo avere – aggiunge – dobbiamo essere sicuri di poter amare, di essere capaci di un amore disinteressato». La domanda che pone don Roberto è questa: sono capace di imparare ad amare, fare il bene attorno a me, donare la mia vita per amore degli altri? «Tutti possiamo essere un dono per gli altri sempre. Dobbiamo ritornare ad essere la Chiesa del grembiule, del servizio perché oggi il mondo ha perso di vista Dio; oggi ci si serve della Chiesa e non si serve la Chiesa. L’evangelista Giovanni ci offre un vangelo ricco di simboli, di chiaroscuri di immagini, che sembrano a prima vista immediate, ma hanno bisogno di essere meditate, pregate: occorre legge e rileggere attentamente perché si possa far scaturire la loro luce e il messaggio profondo per noi. Proprio nel giorno in cui la Chiesa ricorda con affetto e venerazione l’istituzione dell’Eucaristia e del mandato sacerdotale ai discepoli, il testo che viene proposto nella liturgia odierna secondo il Vangelo di Giovanni non parla dell’Eucarestia, ma noi sappiamo che è proprio l’evangelista Giovanni a darci il discorso di Gesù sul pane di vita: io sono il pane della vita disceso dal cielo se uno mangia di questo pane vivrà in eterno. In quel discorso Gesù è estremamente esplicito nel parlare di se stesso, della sua carne, sangue, per dare tutta la sua persona come pane di vita. Allora ci dobbiamo domandare perché Giovanni non mette nell’ultima cena il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia che pure troviamo nei Vangeli sinottici e che San Paolo ci riporta come tradizione consolidata». Secondo don Roberto, siamo invitati a guardare nel gesto di Gesù della lavanda dei piedi oltre la sua superficie di gesto di umiltà che pure è presente in modo drammatico, di annunciare quello che nell’Eucaristia è significato e detto: sono io che mi dono a voi per sempre. Gesù avendo amato i suoi – sottolinea il parroco di Amaroni – li amò sino alla fine e allora Gesù il figlio di Dio si alzò da tavola, depose le vesti e lavò i piedi ai discepoli. Gesù si mette il grembiule che lascia le sue vesti di Signore. Don Tonino bello parlava della Chiesa del grembiule. Papa Francescoci invita ad essere questo tipo di Chiesa e spogliarci di tanta mondanità spirituale e metterci al servizio dei piccoli, dei poveri. Gesù, dunque, traduce la sua umiltà, il dono di sé in questo gesto della lavanda dei piedi. Dobbiamo lavarci i piedi gli uni gli altri; non dobbiamo calpestare i piedi, ma lavare i piedi, essere al servizio degli umili, dei poveri, dei sofferenti, essere al servizio dell’uomo». In una chiesa gremita di fedeli don Roberto Corapi lancia un grido di speranza: la speranza è solo Cristo. «Dobbiamo ritornare al Vangelo – sottolinea – dobbiamo ritornare ad amare Dio perché l’uomo oggi è smarrito, ha perso di vista l’essenziale». E al termine, don Roberto consegna i doni ai discepoli e dà il via all’adorazione eucaristica nel cosiddetto sepolcro, dando appuntamento alle ore 22 per l’ora di adorazione dinanzi a Gesù Eucarestia. Si apre così ad Amaroni il triduo pasquale con la partecipazione numerosa dei fedeli che vogliono vivere i riti e le tradizioni della Pasqua del Signore, certi di stare con Gesù per essere suoi discepoli.
Carmela Commodaro