In un piano di riordino generale volto al miglioramento delle prestazioni della sanità calabrese, su cui siamo sempre molto vigili, ho chiesto alla Regione di non dimenticare di tutelare maggiormente la salute (principalmente) delle donne anche riguardo alcune patologie poco conosciute, ma capaci di incidere negativamente sulla qualità della loro vita . Nelle ultime settimane ho ricevuto, infatti, alcune segnalazioni di gravi disagi da parte di pazienti calabresi affette da “Vulvodinia” e “Neuropatia del Pudendo”, malattie su cui, come spesso accade, la nostra regione manifesta un forte ritardo rispetto al Nord Italia. Si tratta di patologie che colpiscono le donne di tutte le età (la neuropatia anche gli uomini in percentuali minori), causando forti dolori nella zona dei genitali e del basso ventre, e che, nei casi più gravi, possono durare diversi anni. Recenti studi evidenziano che a soffrirne è circa il 15% della popolazione femminile. Così come la Fibromialgia che presenta dolori muscolari diffusi e colpisce anche tantissimi uomini. Nelle forme più acute, queste patologie sono talmente invalidanti da impedire a chi ne soffre di lavorare, studiare o svolgere le normali attività quotidiane . Si tratta di malattie subdole, a volte invisibili, difficili da riconoscere, che possono avere forti ricadute dal punto di vista non solo fisico e psicologico, ma anche economico. Non sono, infatti, previste forme di esenzione dal Sistema Sanitario Nazionale in quanto non considerate “patologie croniche e invalidanti”. I centri più attrezzati sono presenti in prevalenza al Nord e ne deriva che chi ne soffre è spesso obbligato a farsi curare fuori regione, con conseguenti ritardi nella diagnosi e costi elevati per le terapie necessarie. Nell’ottica di un miglioramento della condizione dei pazienti calabresi ho presentato una mozione al Presidente del Consiglio affinchè la Regione Calabria, come già successo in altre regioni italiane, inserisca queste patologie nel proprio elenco delle malattie croniche e invalidanti riconosciute nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e sostenga all’interno della conferenza Stato-Regioni e in Commissione Nazionale per l’aggiornamento LEA tale riconoscimento anche da parte del SSN. Questo porterebbe all’esenzione dalla spesa sanitaria per le visite e le terapie e alla creazione di registri elettronici per il monitoraggio dell’andamento delle patologie. Ho chiesto, inoltre, che la Regione si attivi nell’assicurare una corretta formazione al personale medico in modo da ridurre il ritardo diagnostico, individuare presidi sanitari pubblici da specializzare nella cura di queste patologie, definire protocolli terapeutici e percorsi riabilitativi adeguati, promuovere scambi di buone-prassi con presidi ospedalieri specializzati in altre regioni e campagne di prevenzione volte alla sensibilizzazione dei cittadini sulla natura di queste patologie. Si tratterebbe solo di un primo passo, ma certamente molto significativo nell’ottica della riduzione di un altro ritardo del nostro apparato sanitario nei confronti di altre regioni italiane e di un’altra affermazione del Diritto alla Salute per molte donne calabresi.

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