Secondo ciclo di incontri all’Ipsia Ferraris di Catanzaro tenuto da Fondazione Città Solidale per sensibilizzare gli studenti sul fenomeno della tratta degli esseri umani. È stato avviato ieri, dopo che lo scorso 8 febbraio si è celebrata la giornata di preghiera e di riflessione per le vittime di questa piaga che ancora oggi continua a manifestarsi con azioni di violenza e anche attraverso canali nuovi e più raggiungibili. Ecco perché per la preside dell’istituto scolastico Elisabetta Zaccone è stato importante far ascoltare agli studenti storie di sfruttamento e far percepire loro che tutto ciò avviene con numeri enormi e non lontano da noi. Era presente per l’Ente del Terzo Settore guidato da padre Piero Puglisi l’educatore Sandro Lapenna, responsabile per Città Solidale del progetto IN.C.I.P.I.T, iniziativa calabra per l’identificazione, protezione ed inclusione sociale delle vittime di Tratta, il cui ente capofila è la Regione Calabria che si affida a degli enti attuatori, ovvero delle realtà del sociale che hanno esperienza nel campo ed operano in rete. «Lavorare con le persone vittime della tratta – ha detto Lapenna – significa mettere le mani dentro cicatrici profonde e doloranti. Le persone che assistiamo, o che incontriamo in strada o sui social, portano con loro una sofferenza che parla e che non ha bisogno di essere esplicitata. La responsabilità dell’intervento su queste persone parte da motivazioni profonde, professionali, religiose ed umane e non può esserci nessuna forma di pregiudizio. Tutti gli operatori e le operatrici che, a vario titolo agiscono in favore delle vittime, sanno perfettamente che possono essere costruttori di nuove persone. La devastazione umana che vediamo con i nostri occhi è tale che soltanto un’azione di cura personalizzata e pazientemente adottata, porterà la persona assistita a ritrovare il senso di vivere e la dignità di essere umano. Ma l’intervento degli operatori non basta, la cura ha bisogno anche di altre persone affinché produca un effetto benefico: la società, l’opinione pubblica e l’educazione delle nuove generazioni». Attenti i giovani uomini presenti in sala, ragazzi anche curiosi nel decifrare un fenomeno che con la pandemia ha ridefinito i contorni, arrivando anche nei canali preferenziali delle nuove generazioni, i social. Un confronto che non solo ha fatto riflettere sui processi sociali e culturali che sottendono al fenomeno della prostituzione, ma che dilagano anche in merito ad altre realtà come l’accattonaggio e il caporalato. L’educatore Lapenna, convinto che ogni giorno sia quello giusto per far riflettere e sensibilizzare su fenomeni così importanti, ha ringraziato la preside per l’invito e per l’opportunità di confronto e ha invitato i giovani a riflettere su come la cultura e le opportunità che gli vengono offerte, in primis proprio momenti come questi, sono importanti per formare le loro coscienze, renderli uomini liberi e lontani da ogni forma di schiavitù e sfruttamento.
Carmela Commodaro