Dopo la chiamata dei primi discepoli, cui segue la costituzione del gruppo dei dodici apostoli, Gesù scende dal monte e si ferma, con i suoi discepoli, in un luogo pianeggiante dove, c’è “una gran moltitudine di gente” proveniente “da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone”. Tutti accorrono per ascoltare i suoi insegnamenti, per essere guariti dalle loro malattie e per essere liberati dai loro tormenti. Ognuno cerca di toccarlo perché da Lui esce una forza che guarisce.
In questo contesto Gesù “alzati gli occhi verso i suoi discepoli” ripete più volte “Beati voi”. Nel Vangelo di Luca le Beatitudini sono quattro e risultano differenti da quelle di Matteo che ne contiene nove. Nel Vangelo di Luca sono riferite alla povertà, alla fame, al pianto, alla persecuzione, mentre nel Vangelo di Matteo sono sottolineate le condizioni spirituali dei beati, quali la povertà di spirito, la mitezza, la fame e sete di giustizia, la misericordia, la purezza di cuore.
Luca “mette in evidenza il carattere cristologico delle beatitudini: sono la trasposizione della croce e della resurrezione nell’esistenza dei discepoli” (J. Ratzinger). Le beatitudini e gli insegnamenti sapienziali del VI capitolo hanno lo stesso linguaggio della croce e sono il cuore del Vangelo; mostrano il carattere paradossale e scandaloso dell’insegnamento di Gesù.
I poveri che sono “beati” non sono una categoria sociale, ma tutti coloro che cercano e trovano in Gesù la pienezza della vita. La povertà è beatitudine in quanto il discepolo di Cristo sperimenta che nulla gli serve per vivere e essere felice se non l’ascolto della Parola di Dio, il Pane Eucaristico e gli altri Sacramenti che guariscono da ogni infermità e liberano dalla morte.
Coloro che sono ricchi, sazi, che ridono e godono del consenso sociale e politico, pensando di essere contenti e soddisfatti, sprecano la possibilità di accogliere la Verità che libera e salva.
Anche noi tutti, come gli ascoltatori in quella “pianura”, siamo posti dinanzi alla scelta tra la vita e la morte. Gesù non ci invita alla rassegnazione o a sopportare il dolore: Egli si presenta come Colui che ha portato su di sé la nostra condizione umana, con la debolezza e il peccato, e ha mostrato la presenza viva di Dio Padre, la consolazione e la gioia che lo Spirito Santo ci elargisce. Il Signore Gesù ci assicura una gioia ineffabile in questa nostra esistenza imperfetta, una gioia definitiva che attende il compimento.
La nostra felicità è nelle Beatitudini del Vangelo!
Già il profeta Geremia, nella Prima Lettura, ci aveva avvertito: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore […]. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia”.
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino
Vescovo di Cassano