Il Vangelo di questa IV Domenica del Tempo Ordinario continua la narrazione di Domenica scorsa: nella sinagoga di Nazareth Gesù afferma che si è compiuta nell’oggi la liberazione di cui parla il passo del profeta Isaia. A tale dichiarazione segue la reazione dei suoi concittadini presenti. La loro meraviglia iniziale si trasforma subito in sdegno sino al punto che lo cacciano fuori dalla città e tentano di ucciderlo. I presenti si chiedevano l’un l’altro: “non è costui il figlio di Giuseppe?”. Essi, pur riconoscendo che Egli parla con autorità, vogliono vedere miracoli a garanzia della sua missione. Gesù rende manifesti i loro pensieri e dice: “Certamente voi mi citerete questo proverbio: «medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua Patria!»”. Tra i suoi, qui nella sinagoga di Nazareth, poi a Gerusalemme (Lc 11,16) e addirittura sulla croce (Lc 23,35-39), Gesù si trova davanti alla richiesta di segni, di azioni straordinarie, di miracoli. Ma in tutta la Scrittura leggiamo che questo atteggiamento, molto frequente negli uomini religiosi, rivela che essi, tentando Dio, in realtà lo rifiutano. Sempre, come scrive Paolo, “gli uomini religiosi chiedono segni” (1Cor1,22). Eppure a Cafarnao Gesù aveva operato guarigioni e liberato da demoni come “segni” per manifestare la sua gloria. Gesù, constatato che i suoi ascoltatori passano dallo stupore all’indignazione, parla con mitezza riferendosi alle sacre Scritture. “In verità io vi dico: nessun profeta è ben accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naaman, il Siro”. Anche i profeti Elia ed Eliseo furono rifiutati e fu una vedova straniera, di Sarepta di Sidone, ad accogliere Elia e a dargli cibo nel tempo della carestia e della fame. Quanto ad Eliseo, egli purificò soltanto uno straniero, Naaman il Siro, ma non fu guarito nemmeno uno dei lebbrosi appartenenti al popolo eletto. Nella missione di Gesù non esistono frontiere o muri di separazione, non c’è una terra santa e una profana, non c’è il popolo dell’alleanza che esclude gli altri. Ora è giunta la salvezza rivolta da Dio a tutti. Le parole di Gesù, che attestano la fine dei privilegi di Israele e l’accoglienza delle genti, non potevano generare se non il rigetto nei suoi confronti: “Si alzarono e lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù”. È la prima forma di ostracismo e persecuzione che Gesù subisce e che giungerà fino alla passione e morte. L’evangelista Luca annota infine che “Egli passando in mezzo a loro, si mise in cammino”. L’espressione “passare in mezzo” è molto frequente nel Vangelo di Luca ed indica che la presenza di Gesù in mezzo alla gente è segno di contraddizione e di rottura. Giovanni, nel prologo del IV Vangelo, dice a tal proposito: “La Parola venne tra i suoi, e i suoi non l’hanno accolta” (Gv 1,11). Noi cristiani siamo richiamati oggi ad essere coraggiosi e perseveranti come i profeti, a rischiare anche la vita nella fedeltà radicale alla Parola di Dio che pronunciamo e testimoniamo.
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino
Vescovo di Cassano