CATANZARO . Avvolte in un fumo surreale, nell’abbraccio delle luci, echeggiano le note di “Quello che non ho”. E da quel momento il palcoscenico del Teatro Comunale di Catanzaro diventa lo schermo privilegiato di un racconto suggestivo che dà vita alle storie ed ai personaggi dell’Indiano di De Andrè, nello spettacolo – andato in scena domenica scorsa – che segna l’ultimo appuntamento con la rassegna “Edizione Straordinaria al Comunale”. Autore di questa magia che ha richiamato il pubblico, variegato ed entusiasta, nonostante la pioggia insistente, è Salvatore Emilio Corea, direttore artistico della rassegna (direttore organizzativo Pasquale Rogato), partita lo scorso 9 ottobre con “La Città delle Pietre” messo in scena da “I ragazzi del Teatro di MU”, e “La libertà del Terrore” alla Corte di un Re Maiale, in scena il 16 ottobre, grazie agli allievi e alle allieve dei laboratori teatrali delle sedi della scuola di teatro di Pentone e Fossato Serralta. Nato per celebrare i quarant’anni de “L’Indiano”, da molti considerato tra i capolavori di Fabrizio De Andrè, lo spettacolo ha regalato al numeroso pubblico un’affascinante sintesi tra la cifra musicale di un repertorio indimenticabile di canzoni cult come Hotel Supramonte, Franziska, Fiume Sand Creek, Ave Maria, e la ricchezza narrativa delle storie che ogni pezzo del cantautore genovese racconta, evocando vicende individuali e collettive, sentimenti interiori e ideali politici, Storia e Cronaca, a partire dal dramma del sequestro che lo stesso Fabrizio visse assieme a Dori Ghezzi. Sostenuto dalla straordinaria band diretta dal maestro Francesco Miniaci alle tastiere e al pianoforte, con i Maestri Francesco Severini al basso elettrico, Valerio Gabriele alla batteria e Massimiliano Rogato alle chitarre, il racconto musicale ha trascinato gli spettatori con la misura e la fantasia degli arrangiamenti. Ad arricchire la scena, le interpretazioni dei piccoli allievi attori della Scuola di Teatro “Enzo Corea” già noti al pubblico del Teatro Comunale come protagonisti de La Città delle Pietre, Giorgia Pietramale, Giorgia Procopio, Sofia Trovato e Gaia Anzalone; dalle Ragazze e i Ragazzi del Teatro di MU Giorgia Longo, Valentina Mazzei, Carlotta Abronzino, Laura Zinni, Nairi Montesano, Davide Colicchia; dagli attori della Compagnia del Teatro di Mu Gaetano Pensabene e Ludovica Romani (una strepitosa Franziska deandreiana), il racconto teatrale è riuscito a coinvolgere emotivamente con suggestivi quadri drammaturgici capaci di trasportare gli spettatori in mondi ed epoche lontani ed esotici, facendo al tempo stesso risuonare parole potenti che richiamano al mondo reale di oggi ed alle istanze irrisolte di Giustizia ed Eguaglianza. “Il modo migliore per onorare un artista che ha sempre saputo guardare la realtà con gli occhi degli “ultimi” capace persino – come ha ricordato lo stesso Corea – di ripagare con un capolavoro poetico la terra che gli inflisse sei mesi di prigionia”. “Il teatro non è un mondo perfetto, ed è bello proprio per questo – afferma Salvatore Emilio Corea – le leggere imperfezioni che ci possono essere durante un debutto importante, come quello di oggi, rendono il Teatro unico e reale e per questo splendido. Uno spettacolo perfetto sarebbe di plastica. Noi ce la mettiamo tutta ma senza chi ci aiuta davanti e dietro le quinte sarebbe tutto più difficile. Ed allora il successo va condiviso su chi si è caricato un peso sul palcoscenico e in sala non da poco da Francesco Caiazza a Mia Carmen Talarico, da Pasquale Rogato a Franco Corapi agli ottimi tecnici del suono guidati da Gregorio Fera. Non si può costruire un grande lavoro se non si ha un’ottima squadra dietro le spalle. Senza dimenticare ovviamente Claudia Olivadese che ha condiviso con me la regia di “Quello che non ho (è quel che non mi manca)”. E, quindi, grande festa finale sul palcoscenico scandita dalle note de Il Pescatore.