L’ex sindaco ed ex presidente della Regione Guido Rhodio ha scritto al sindaco Pasquale Muccari, ai carabinieri, alla polizia locale e alla presidente dell’Istituto Cassiodoro per segnalare che nella località di questo territorio comunale denominata Bellomena, appartenente probabilmente in parte alla proprietà comunale e in parte a proprietari imprecisati sono stati scoperti fortuitamente ed in conseguenza di un incendio casuale dei manufatti di immobili risalenti a moltissimi secoli addietro, con rinvenimento, nelle immediate adiacenze, di due monete di epoca normanno-sveva, ora custodite responsabilmente dal giovane squillacese Gabriele Mauro, a disposizione di codesta Soprintendenza. Rhodio, utilizzando personali conoscenze storico-documentali, ha predisposto e pubblicato sul proprio profilo Facebook un post riassuntivo delle ipotetiche, possibili attribuzioni temporali dei predetti manufatti, mentre evidenzia, ad ogni buon fine, che la predetta area risulta già sottoposta all’attenzione della Soprintendenza, per vari atti ricognitivi condotti negli anni decorsi. Nel post Rhodio afferma che si tratta di «un avamposto strategico normanno-svevo emerge sulla Squillace collinare, a seguito di un incendio dei mesi scorsi, che ha riportato alla luce muri e reperti risalenti al primo periodo della frequentazione normanno-sveva su una parte del nostro colle, molto più a sud del sito difensivo dei due Castelli che conosciamo. L’esplorazione più diligente e minuziosa dei nostri bravi giovani della Pro Loco e degli appassionati ricercatori hanno completato il risultato, che si delinea assai interessante per la storia di un periodo cruciale del protagonismo politico e sociale che interessò la Squillace altomedioevale, con figure di grande rilievo come le Regine di Sicilia (Il Regno del Sole), Adelasia e Costanza, e i Re Guglielmo II il Buono e Manfredi di Svevia (ricordati da Dante), che legano indissolubilmente il loro nome alle nostre vicende più significative. Da alcuni di questi giovani e soprattutto da Gabriele Mauro ho appreso notizie che mi sembrano molto preziose per l’indagine e lo studio che dovrà essere proseguito dagli addetti ai lavori, tra cui gli esperti della Soprintendenza ai Beni Culturali e i professionisti abilitati. A dire di Gabriele si tratta di elementi cognitivi di grande rilevanza documentale, in quanto essi vengono a confermare l’insediamento del Castrum, in una propaggine del colle di grande esposizione militare e paesaggistica, a cominciare dal luogo maggiormente meridionale in vista al Golfo (Bellomena), su cui la storia urbanistica ci tramanda particolari e importanti strutture. Nel caso gli studi dovessero propendere per edifici militari, potremmo allora trovarci ad avanzi di quel Castello che Ruggero Normanno, nel 1059, fece innalzare davanti alla Porta, ovviamente di Mezzogiorno,per “bloccare” e vincere la resistenza tenace degli squillacesi al suo prolungato ed inconcludente assedio. Se, al contrario, i predetti muri e l’antichissima icona emersi (vedi foto) si dovessero attribuire ad edifici religiosi, essi probabilmente potrebbero richiamare gli storici edifici di San Giovanni Battista, pre o prototemplari e poi del protoconvento omonimo dei Padri domenicani, indicato tra i primissimi sorti in Calabria. In ambedue di tali ipotesi, comunque, ci sembra utile e urgente uno studio appropriato e uno scavo archeologico, almeno esplorativo, per verificare l’esistenza di tombe o altro. Le due monete, inoltre, sparse e rintracciate sul terreno adiacente ai muri, sono assegnabili sicuramente al regno di Guglielmo II (1166/1189) e di Manfredi (1258/1266), anche se di esclusivo valore storico, sono ambedue custodite responsabilmente da mio nipote Gabriele a disposizione della Soprintendenza – ci riportano indubbiamente alle prime frequentazioni normanno-sveve nei diversi siti strategici della nostra città medioevale e, come detto, alla conferma che l’epoca delle istituzioni sorte in quel luogo finora conosciuta (XIII secolo circa), può risultare attendibile e compatibile coevemente».

Carmela Commodaro

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