Personalizza le preferenze di consenso
Utilizziamo i cookie per aiutarti a navigare in modo efficiente ed eseguire determinate funzioni. 
Di seguito troverai informazioni dettagliate su tutti i cookie in ciascuna categoria di consenso. I cookie classificati come "Necessari" vengono memorizzati nel browser in quanto sono
essenziali per abilitare le funzionalità di base del sito. Utilizziamo anche cookie di terze parti che ci aiutano ad analizzare come utilizzi questo sito Web,
memorizzare le tue preferenze e fornire i contenuti e gli annunci pubblicitari pertinenti per te.
Questi cookie verranno memorizzati nel tuo browser solo con il tuo previo consenso. Puoi scegliere di abilitare o disabilitare alcuni o tutti questi cookie, ma disabilitarne alcuni
potrebbe influire sulla tua esperienza di navigazione.
Sempre attivo

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

Nessun cookie da visualizzare.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

Nessun cookie da visualizzare.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

Nessun cookie da visualizzare.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

Nessun cookie da visualizzare.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

Nessun cookie da visualizzare.

«La disoccupazione è un male, e quando assume certe dimensioni, può diventare una vera calamità sociale».


Così scriveva, nel 1981, Papa Giovanni Paolo II nella enciclica Laborem Exercens. Ricorreva il 90° anniversario della Rerum Novarum e nel mondo che iniziava ad avvertire gli scricchiolii della cortina di ferro e l’avvento della globalizzazione, la Chiesa s’interrogava – ed offriva suggerimenti – sui tempi che sarebbero maturati. A partire dal lavoro: ieri, in occasione del Primo Maggio, ci si è soffermati una volta ancora sul dramma occupazionale, in particolare dei giovani, acuitosi per gli effetti sociali della pandemia sanitaria. «Un problema doloroso», lo definiva già il Papa Santo, sottolineando: «Quando i giovani, dopo essersi preparati mediante un’appropriata formazione culturale, tecnica e professionale, non riescono a trovare un posto di lavoro e vedono penosamente frustrate la loro sincera volontà di lavorare e la disponibilità ad assumersi la propria responsabilità per lo sviluppo economico e sociale della comunità». Riflessioni che ritornano attuali, 40 anni dopo, in uno scenario a tinte più fosche di ieri. In tutto questo tempo sono probabilmente mancati rimedi concreti, necessari ad evitare che al periodo dell’istruzione e della formazione segua una lunga parentesi di non lavoro, foriera di un senso di oppressione che si ripercuote poi sulla qualità delle relazioni umane. E resta irrisolto – oggi come allora – un quesito fondamentale: quale prezzo – anche economico – il Paese è disposto a pagare per garantire un avvenire meno precario alle nuove generazioni?
L’interrogativo non involge solo il lavoro come mezzo di sussistenza, ma anche quanto ai suoi fini, dunque come cifra della finitezza umana e, contestualmente, come esperienza di autorealizzazione e socializzazione. L’uno non può esistere senza l’altro e ogni azione di governo dovrebbe tendere a ricercare il delicato equilibrio in grado di consentire all’homo faber di non rinunciare alla dimensione di homo ludens. Quello che invece è accaduto è stato – ed è – il disgregarsi della solidarietà sociale, con la formazione di sezioni solidamente privilegiate e di altre sempre più emarginate. Lo sfruttamento degli ultimi; la pressione dei furbi rispetto ai veri bisognosi nell’avvalersi delle prestazioni assistenziali; le ripercussioni dannose dell’inclinazione lassista a voler dare tutto a tutti sono elementi che negli anni hanno portato al sonno delle coscienze di fronte all’incapacità di fronteggiare adeguatamente il fenomeno della disoccupazione di massa, in specie giovanile, delle donne, delle persone meno vigorose e qualificate.
È questa la fonte primaria della disaffezione dalle istituzioni per cui si piange, sempre più di frequente con ipocrite lacrime di coccodrillo. Ma la diffidenza che ormai da tempo serpeggia non potrà essere vinta, neppure con i notevoli flussi del Recovery plan, se la società non mostrerà nei fatti una volontà, ferma ed inequivocabile, di ripensare se stessa, i suoi paradigmi, le sue strutture, per ricomporre le fratture esistenti e passare dal privilegio della cura del particolare alla faticosa riconquista del comune benessere.

+ Vincenzo Bertolone

Indietro