Domani 28 gennaio, al Quirinale, saranno consegnate le medaglie agli italiani deportati ed internati nei campi di sterminio tedeschi dal 1943 al 1945. Tra questi, il riconoscimento sarà conferito anche alla memoria di Umberto Rhodio, che venne deportato nel campo di concentramento “Stalag VII A”, situato nella città di Moosburg, nel sud della Baviera, in Germania. Ritirerà la medaglia il nipote Fabio Maria Rhodio, che vive a Roma, accompagnato dallo zio Enrico Rhodio. Domani, dunque, ci sarà anche “un pezzo” di Squillace a Roma, durante la cerimonia, poiché “nonno Umberto” è parente dell’ex presidente della Regione ed ex sindaco di Squillace Guido Rhodio. Il nipote di Umberto, Fabio Maria, ha scritto una suggestiva lettera in proposito. «Volevo aspettare la consegna della medaglia – afferma – per condividere la notizia con tutti, ma non ci riesco: in un misto tra gioia e tristezza sono molto felice della telefonata che ho ricevuto. Con immenso onore prenderò la medaglia di nonno Umberto Rhodio. Speravo di fare una sorpresa a mio padre e farla ritirare a lui, ma non può spostarsi dal suo comune». Quindi, il racconto del periodo della deportazione. «Nonno – scrive Fabio Maria – è stato prigioniero per un anno e mezzo in Germania, nel campo di concentramento “Stalag VII A”, e riuscì ad uscirne vivo e rientrare a piedi a Roma, mentre suo fratello Armando non è stato altrettanto fortunato, perché il 9 settembre del 1943 è stato fucilato dai tedeschi. Fortunato? Non so se è stato più fortunato nonno a poter tornare vivo da quell’orrore o Armando che ha avuto la fortuna di non viverlo. Sta di fatto che la moglie di Armando aspettava un bambino quando lui è morto, Enrico, che non ha mai conosciuto il padre ed è stato praticamente cresciuto da mio nonno. Zio Enrico verrà con me, mi accompagnerà in questo tuffo nella memoria. Sono fiero di poter raccontare ai miei figli un pezzetto della nostra storia, di mantenere viva la memoria di quanti hanno dato la loro vita per far sì che loro oggi siano liberi. La loro libertà è stata scritta da chi ha calpestato il fango per loro, da chi ha spalato quel fango, da chi l’ha coperto col proprio sudore e col proprio sangue per far sì che loro abbiano una comoda strada da percorrere. Sono fiero che ancora una volta ci sia un piccolo nome, con la “h” al posto giusto, inciso nelle pagine della memoria e spero che i miei figli ricorderanno queste storie, che le mantengano vive e che non debbano mai scriverne altre». «Con Fabio e con Enrico – ha reso noto Guido Rhodio, a nome della famiglia di Squillace – domani ci saremo anche noi, fieri e onorati».
Carmela Commodaro