VIBO VALENTIA, – “Avere appreso da un pentito che mia sorella sarebbe andata incontro ad una sorte così agghiacciante è una pugnalata al cuore”. Lo ha detto Vincenzo Chindamo, fratello di Maria Chindamo, l’imprenditrice 44enne di Laureana di Borrello scomparsa la mattina del 6 maggio del 2016 in località Montalto di Limbadi. Secondo il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, ex boss del clan dei Basilischi, che ha appreso la circostanza da un alto pentito, Emanuele Mancuso, la donna sarebbe stata uccisa “macinata da un trattore o data in pasto ai maiali” e le motivazioni dell’omicidio consisterebbero nel diniego da parte della vittima di vendere un suo terreno a Salvatore Ascone, già indagato per concorso nell’omicidio di Maria Chindamo. “Se solo penso al volto di Maria, così solare e sorridente, macinato da un trattore – ha aggiunto Vincenzo Chindamo – mi manca l’aria e mi si gela il sangue. Mia madre ieri ha avuto una reazione molto forte. L’interessamento a quel terreno potrebbe anche esserci stato, ma che questo possa rappresentare l’unico movente dell’omicidio mi sembra improbabile. Tutta quella recrudescenza ci ha sconvolto Queste cose non si verificano dopo una semplice richiesta di vendita di un terreno, senza avvertimenti importanti. Dovevano esserci campanelli di allarme che dubito ci siano stati è sicuro il fratello della vittima -. Non è che Maria mi riferisse ogni particolare, ma se avesse ricevuto intimidazioni ne sarebbe rimasta scossa, turbata. Benché l’attività dei collaboratori sia rilevante nelle strategie investigative, a volte le deposizioni non sono proprio lineari e adamantine. Certo in molte cose il riscontro si trova, ma vanno esaminate a fondo. Noi stiamo ancora cercando un epilogo alla storia di Maria e con l’eventuale morte dobbiamo ancora fare i conti. La notizia secondo cui sarebbe stata sbranata dai maiali, ci ha distrutto”. (ANSA).

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