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Una serata culturale molto partecipata e ben riuscita, organizzata della libreria “Non ci resta che leggere”

Dove si colloca, in democrazia, l’opaco confine che separa la necessaria ricerca del consenso dalle “mezze verità” della retorica propagandistica? Se lo è chiesto il giornalista Rai Paolo De Luca (caporedattore del Gr e corrispondente da Bruxelles) nel suo libro “L’inganno necessario” edito da Laruffa. Il volume è stato presentato dall’autore a Soverato, nel contesto di una serata culturale molto partecipata e ben riuscita. Iniziativa promossa da Eleonora Fossella e Maria Grazia Posca, giovani e dinamiche titolari della libreria “Non ci resta che leggere”. Dialogando con il giornalista Francesco Pungitore, De Luca ha focalizzato l’attenzione sul tema della “crisi della democrazia” che occupa una delle più interessanti sezioni del libro. “La macchina della propaganda – ha spiegato De Luca – non nasce con i regimi totalitari, ma nell’America democratica di Wilson che doveva convincere i propri riottosi concittadini a combattere contro i tedeschi nella Prima Guerra Mondiale”. La propaganda, dunque, è di per sé “manipolatoria” e pertanto mette in crisi il concetto stesso di democrazia, intesa come libera e consapevole adesione a una comunità, a un programma politico, a un’idea. Ripercorrendo con acuta profondità i grandi temi e personaggi della storia, della filosofia, della psicologia e della sociologia, Paolo De Luca ha messo in evidenza l’aspetto “irrazionale” degli stimoli emotivi utilizzati al fine di omologare e indirizzare il più possibile il comportamento dei cittadini su obiettivi prefissati (a volte “necessari” come insegna l’esperienza recente del Covid). Proprio la società democratica di massa è il crogiolo di tecniche persuasive che, con l’avvento di media sempre più complessi e pervasivi, si sono progressivamente affinate nel tempo. Ma se la propaganda è mossa da qualcuno, è pur vero che chi la subisce non la riceve solo passivamente ma la ricerca, ne sente quasi “il bisogno”. Immagini, miti e simboli “servono” infatti per semplificare il nostro rapporto con gli altri e con il mondo. Ma, in tutto questo, dove si colloca il concetto di verità, di realtà dei fatti? Una domanda aperta a ulteriori riflessioni e che investe direttamente il ruolo dell’informazione e della professione giornalistica nell’era ormai dominante dei social.

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