CATANZARO – L’intenso e ricco programma del MARCA – Museo delle Arti di Catanzaro prosegue con la personale di “Emilio Scanavino. Come fuoco nella cenere”, inaugurata giovedì 16 maggio, alla presenza – oltre che del direttore artistico del museo Rocco Guglielmo e del presidente della Provincia di Catanzaro Sergio Abramo – dei curatori Greta Petese e Federico Sardella, e del figlio dell’artista genovese tra i protagonisti indiscussi della stagione informale italiana, Sebastiano. La mostra raccoglie, fino al 15 luglio, un significativo nucleo di opere, tutte di grandissimo formato. Sono stati i generosi spazi del Museo delle Arti di Catanzaro, tra le realtà museali più vivaci dell’Italia meridionale, a indurre i curatori, in collaborazione con l’Archivio Scanavino diretto proprio da Greta Petese, a selezionare per quest’esposizione i dipinti più imponenti dell’artista. Il corpus di opere include oltre venti lavori realizzati a partire dagli Sessanta: oli su tela, su tavola e carte provenienti dalle collezioni italiane più prestigiose, oltre che dalla Collezione Scanavino. Esposta, vi è anche l’opera che dà il titolo alla rassegna, “Come fuoco nella cenere”, presentata per la prima volta nella sala personale dedicata a Scanavino in occasione della XXX Biennale di Venezia, nel 1960, ed ora posta in dialogo con dipinti degli anni subito successivi. Dopo il saluto istituzionale del presidente della Provincia, Sergio Abramo – che ha evidenziato come “le numerose iniziative che si sono susseguite negli anni con esposizioni dedicate a grandi artisti collocano il MARCA ai primi posti fra i primi posti fra le realtà di promozione culturale dell’arte contemporanea in Italia, rendendo il capoluogo una realtà a trazione culturale” –, il direttore artistico Rocco Guglielmo si è soffermato sulla mostra di Scanavino “dipinti amari, dai toni profondi e dai tratti nitidi, di cui è riconoscibile l’impegno concreto e l’affetto che da sempre lo lega alla pittura. L’opera e l’uomo si osservano e si indagano – dice ancora Guglielmo – vicendevolmente, tra gli intrecci quasi rituali e i nodi infiniti dell’anima resistente. La tela e il pennello sono state una costante nella sua carriera – spiega ancora Guglielmo – e, fatta eccezione, per una serie di sculture, è alla pittura che Scanavino dedica la sua attenzione e che rimane il cuore della sua ricerca”. Pittura come strumento dell’anima, insomma, al servizio di un’arte sincera dove al centro dell’opera c’è l’artista, dove le inquietudini personali si fondono nelle tele. I lavori selezionati propongono uno spaccato lineare sul percorso artistico di Scanavino, offrendo gli esempi più alti di alcune delle sue serie tipiche e coprendo un arco temporale di circa vent’anni, a partire dalla piena maturità, come Alfabeto senza fine del 1974 e I nostri fiori del 1973. Il fare come necessità e la consapevolezza di un mondo di presenze da evocare attraverso la pittura costituiscono le ispirazioni preminenti dell’opera dell’artista e sono rintracciabili in tutta la sua riflessione esistenziale, estetica ed artistica. Le opere esposte, infatti, oltre ad essere accomunate dall’imponenza dimensionale, rivelano ulteriormente come quella di Scanavino sia una pittura di evocazione, ricca di presenze. “Il Museo MARCA è uno dei più vivaci Poli museali dell’Italia meridionale, caratterizzato d ampi e generosi spazi, con l’occasione di questa esposizione personale dedicata a Emilio Scanavino, offre al pubblico una selezione di capolavori degli anni Sessanta e Settanta tutti di grandissimo formato – spiega Greta Petese -. I dipinti selezionati, che hanno dimensioni a partire da un metro e mezzo fino a raggiungere tre metri di lunghezza, necessitano di grandi ambienti per essere goduti al meglio e lo spazio vitale concesso alle opere, grazie all’impeccabile struttura del Museo, consente allo spettatore di potersi abbandonare ad una fruizione di grande respiro”. Scanavino, infatti, ha avuto l’esigenza di esprimersi estendendosi nel formato sin dagli inizi della sua produzione artistica degli anni 50. “La mostra è stata voluta e strutturata ipotizzando di esporre poche opere, ma particolarmente significative, appartenenti agli anni della piena maturità – aggiunge Federico Sardella -. Oltre a “Come fuoco nella cenere”, presentata per la prima volta nella sala personale dedicata a Scanavino in occasione della XXX Biennale di Venezia, nel 1960, è esposta ad esempio Omaggio al Maestro del 1962, la cui base supera i tre metri e che consente una sorta di immersione in questa pittura evocativa così ricca di presenze, e un gruppo di dipinti degli anni Settanta ugualmente evocativi e nei quali l’alfabeto segnico dell’autore trova massima concretizzazione. Scanavino è tra i maggiori esponenti della pittura segnica e di segno, dove il gesto, l’azione e la presenza dell’autore determinano lo svolgersi, il senso e l’essenza propria della pittura. In Scanavino – dice ancora uno dei due curatori – l’esperienza plastica è attività che si sviluppa parallelamente, con continuità, e che non è possibile considerare marginare né fortuita”. Come l’artista stesso rileva in una video intervista del 1961, sino ad oggi mai trascritta e trasposta nel catalogo realizzato per l’occasione: “Per me la pittura è condizione. E per condizione intendo il mio modo di vivere, le mie aspirazioni eccetera. […] Ieri il pittore andava all’aperto, dipingeva col cavalletto e faceva il paesaggio. Direi che oggi son cambiate molte cose e il pittore ha necessità di guardarsi di più dentro, di sentire la vita direttamente, meditando certe emozioni, che non son più, diciamo così, panoramiche, ma sono interiori”. La mostra è accompagnata da un volume bilingue italiano/inglese pubblicato da Silvana Editoriale con saggi di Greta Petese, Federico Sardella e Sara Uboldi, due conversazioni tra Nini Ardemagni Laurini, Greta Petese, Federico Sardella e Antonella Zazzera, la trasposizione di una video intervista a Emilio Scanavino andata in onda nel 1961, e un’ampia selezione di immagini, molte delle quali inedite.