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Per le sue caratteristiche strutturali, l’economia calabrese, molto più di quanto accade in altre regioni d’Italia, è legata a doppio filo alle politiche di governo nazionali. La perdurante situazione di crisi, dunque, ha delle matrici ben precise. Ma anche delle possibili soluzioni, altrettanto chiare. E’ quanto emerso nel corso del partecipato convegno organizzato nella sede di Confesercenti Catanzaro su “Il quadro economico regionale e le sfide del presente”. La relazione centrale, tenuta dal professor Vittorio Daniele, docente di Politica Economica presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro, ha messo a nudo le criticità del sistema Calabria sul terreno del lavoro e dello sviluppo. Una regione dal tessuto economico fragile, che vive di microimprese e redditi da lavoro dipendente, che esporta poco e non ha una base industriale solida. La grande recessione del 2008 e quella successiva del 2012 restano ferite ancora aperte, laddove emerge, tuttora, la difficoltà a recuperare i livelli occupazionali pre-crisi. Quali soluzioni adottare? “Servirebbero più investimenti, pubblici e privati, e un minore costo del lavoro” le proposte formulate dal professor Daniele che non ha mancato di evidenziare la complessità della situazione, i limiti dell’attuale impalcatura europea e il problema sostanziale dei freni imposti alla nostra possibilità di agire sulla leva della spesa pubblica, peraltro in un contesto continentale non omogeneo. “I numeri dicono che questo governo ha abbandonato il Sud e la Calabria” ha commentato il presidente di Confesercenti Catanzaro, Francesco Chirillo. “Noi non facciamo politica, facciamo impresa e, in questo scenario, possiamo essere solo considerati degli eroi, ma non possiamo nascondere l’evidenza dei fatti. La riduzione del cuneo fiscale e il credito d’imposta restano promesse irrealizzate” ha rimarcato Chirillo, sottolineando anche il “bluff” del cosiddetto “bonus Sud” per le assunzioni: “La brutta sorpresa per i datori di lavoro è arrivata con la notizia che nessuno sgravio verrà concesso per i contratti stipulati dall’1 gennaio al 30 aprile. Si partirà solo dall’1 maggio. Una limitazione penalizzante e immotivata che sa tanto di beffa”.

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