«L’autobomba che, a Limbadi, ha ucciso Matteo Vinci testimonia quanto ancora la ‘ndrangheta sappia essere eclatante nelle sue manifestazioni di violenza», scrive l’on. Arturo Bova, presidente della Commissione contro la ‘ndrangheta in Calabria, in una nota diffusa alla stampa. «Quotidianamente assistiamo, in ogni angolo della Calabria, ad intimidazioni e attentati, ma di rado si era arrivati ad un’autobomba così sofisticata – prosegue Bova -. Qualsiasi sia il movente da cui è scaturita una tale violenza, però, il senso del gesto non cambia: la ‘ndrangheta è un’organizzazione criminale il cui potere non può e non deve essere sottovalutato. Ma, come detto, un gesto così eclatante è fuori dagli schemi classici delle manifestazioni violente della ‘ndrangheta, che invece ha spesso preferito metodi meno “mediatici” sebbene altrettanto efferati e violenti. Si può quindi leggere una sorta di inatteso nervosismo in un attacco del genere, quasi come il colpo di coda di un grosso predatore marino che tenta disperatamente di non essere catturato sebbene sia ormai finito nella rete dei pescatori. Un gesto estremo, pensato e fatto nel tentativo di affermare un controllo del territorio ormai perso per il lavoro svolto da magistratura e forze dell’ordine, che ogni giorno assestano pesanti colpi all’architettura della ‘ndrangheta. Sono sicuro, quindi, che la risposta dello Stato, così come ha affermato il procuratore aggiunto di Catanzaro Giovanni Bombardieri, sarà forte almeno quanto la violenza del fatto». «Mi auguro – conclude il Presidente – che una risposta arrivi anche alle domande che da anni tormentano i genitori di Filippo Ceravolo, il 19enne ucciso dalla ‘ndrangheta nel 2012 perché aveva chiesto un passaggio alla persona sbagliata. L’ignobile sfregio alla sua memoria perpetrato da ignoti al monumento che lo ricorda, serva a riaccendere i riflettori su una vicenda mai chiarita, così da dare un po’ di conforto ai genitori di Filippo, un papà e una mamma a cui mi lega un sentimento speciale e che con grande forza e dignità da anni attendono che lo Stato dia loro una risposta».

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